sabato, Dicembre 21, 2024

Presidenziali Usa, come sarà l’America con Clinton o con Trump

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usa1Hillary Clinton contro Donald Trump, l’America democratica contro quella repubblicana ma, sopra ogni altra cosa, la propensione al dialogo contro le dichiarazioni choc di un miliardario prestato alla politica. I due candidati hanno visioni diametralmente opposte nella politica estera, in quella economica e quella dell’immigrazione. Ecco, prendendo spunto dalle dichiarazioni fatte dai due aspiranti alla Casa Bianca, quale volto dovrebbe avere gli Stati Uniti che guideranno per i prossimi quattro anni.

Le ultime ore sono state interessanti, dopo qualche giorno durante i quali la Clinton e Trump erano appaiati nelle proiezioni, la definitiva chiusura del caso Fbi ha rilanciato la candidata democratica che, fino a poche ore fa, staccava di 3-5 punti percentuali il suo avversario politico. Anche la borsa ha accolto la notizia con entusiasmo, alla chiusura di ieri Wall Street ha guadagnato il 2,07%, il Nasdaq il 2,37% e l’indice S&P 500 è progredito del 2,22%.

Risultati che possono indurre a dare per scontata la vittoria di Hillary Clinton ma il passato recente, parliamo della Brexit, insegna che l’incertezza regna sovrana in tutte le tornate elettorali.

Nel caso della Brexit gli economisti avevano puntato tutto sulla permanenza del Regno Unito nell’Ue e, invece, sappiamo tutti come è andata a finire. Il sorpasso dei no è avvenuto in modo lento e sulla lunga distanza, tanto da indurre molti quotidiani cartacei ad aprire la prima pagina con la notizia sbagliata.

L’America di Hillary Clinton
Hillary Clinton ha chiesto 100 giorni per presentare una riforma sull’immigrazione e un piano di investimenti per il rilancio dell’economia. Nuove leggi che vuole condividere con più correnti politiche per trovare quella che ha più volte definito “un terreno di intesa comune“. Va detto che, soprattutto per quanto riguarda l’apertura all’immigrazione, la Clinton ha attinto a piene mani dall’ala socialista del partito democratico, facendo suoi concetti espressi dal rivale Bernie Sanders. Un’altra parte del suo programma politico è stata invece ripresa da quello già attuato dal presidente uscente Obama.

Le attenzioni dell’ex segretario di Stato sono per la fascia più debole della popolazione. Le riforme di cui ha parlato durante la campagna elettorale sono tese a fare diminuire le differenze sociali, a vantaggio quindi di quel 20% di famiglie che vivono in condizioni di povertà. I consulenti di Hillary Clinton le hanno messo in bocca parole più toccanti, facendola parlare apertamente di “bambini che crescono in condizione di disagio economico” ma, in fin dei conti, cambia la forma e non la sostanza. Le misure che intende mettere in atto sono quelle del minor peso fiscale per le famiglie e quindi un maggiore aggravio per i ricchi, oltre all’abbattimento dei costi di tutti i cicli scolastici, dalle elementari alle università, affinché tutti possano accedervi. Per creare maggiore ricchezza vuole una legge federale – valida quindi in tutti i 50 Stati – per fissare il salario minimo a 12 dollari l’ora, contro i 7,25 dollari attuali.

La candidata democratica vuole ridisegnare il fisco, penalizzando le aziende che detengono capitali all’estero e il ceto alto della popolazione americana. Secondo i calcoli presentati questa politica fiscale porterebbe nelle casse dell’erario 1.400 miliardi di dollari nei primi 10 anni. Da qui l’idea di riversarne 250 miliardi in cinque anni nell’ammodernamento delle infrastrutture del Paese, tra vie di comunicazione ed edifici pubblici, con l’intento di smuovere e rilanciare l’economia. In questo caso vanno citate le accuse mosse da WikiLeaks secondo le quali Hillary Clinton sarebbe troppo vicina alle grandi aziende e alle banche, c’è quindi da comprendere (e solo il tempo potrà dirlo) se le sue intenzioni si fermeranno alla dialettica o diventeranno concrete.

Anche la naturalizzazione dei clandestini è un tema che la Clinton ha rispolverato spesso durante i comizi. Vuole fare di più e meglio di Barack Obama, a cominciare dagli 11 milioni di clandestini che, secondo alcune stime, vivrebbero negli Usa. Incassare il benestare del Congresso sembra però utopico, ma il presidente uscente ha dimostrato che si può lavorare anche con i repubblicani, ottenendo la stima e l’apertura di Paul Ryan, presidente dell’assemblea dal 2015.

L’America di Hillary Clinton sarà quindi una Nazione aperta al diverso, più disposta al dialogo anche internazionale e con un occhio vigile sulle necessità delle fasce più povere della popolazione. Saranno privilegiati in grandi investimenti per rilanciare l’economia e verrà chiesto uno sforzo a chi genera impiego, sia per quanto riguarda la pressione fiscale, sia per quanto riguarda le remunerazioni. L’idea è quella di una Nazione che dia l’esempio ai privati, nulla che non sia già stato palesato da altri candidati alla guida di altri paesi. Quello della Clinton è un programma decisamente ordinario.

L’America di Donald Trump
Diametralmente opposta la visione politica di Donald Trump, a partire dalla politica sull’immigrazione. Il repubblicano ha dichiarato di volere costruire un muro tra Usa e Messico, parole che non sono sfuggite alle minoranze etniche. Il vantaggio accumulato da Hillary Clinton nei suoi confronti è da addebitare agli ispanici i quali, durante lo scorso fine settimana, si sono recati alle urne e che, secondo le proiezioni, avrebbero espresso la propria preferenza in favore di quella che potrebbe essere la prima presidente donna degli Stati Uniti d’America.

Anche la politica fiscale di Trump imbocca la corsia inversa. La sua idea di revisione fiscale è quella dei tagli generalizzati, facendo scendere al 33% (dal 39,6%) la massima pressione per le persone fisiche e al 15% (invece del 35%) quella per le persone giuridiche. Tutto ciò si tradurrebbe in 7.200 miliardi di dollari di minori introiti fiscali nei primi 10 anni. Così Trump vuole ingraziarsi i grandi contribuenti, cercando di attirare verso il partito repubblicano i voti della grande economia e delle persone più abbienti.

Per quanto riguarda la politica estera isolazionista, Trump è stato accusato Politico di essere scontato e di volere fare ritornare l’America quella che era un secolo fa. Vox persino di fare fatica a riconoscere chiaramente le idee di Trump in materia di politica estera, probabilmente viziata dalle frasi poco felici riguardo l’uso degli arsenali atomici: il candidato repubblicano ha sostenuto di non trovare nulla di scabroso nel fare ricorso alle armi nucleari per combattere nemici acerrimi.

Un’economia molto più liberalista, con meno ingerenze dello Stato nella vita imprenditoriale degli americani i quali, in cambio, non devono chiedere alla cosa pubblica troppi sforzi nel sociale e nella sanità. Per Trump questa è la linea da seguire, un’America più individualista consegnata nelle mani degli americani più intraprendenti. E a chi vive nel disagio economico e sociale, il repubblicano risponde “non voglio vedere nessuno morire per strada“, di fatto le uniche parole spese in favore delle fasce più povere della popolazione.

Il risultato è una Nazione più chiusa e più individualista, pronta però a mettere in campo l’artiglieria pesante se qualcuno dovesse arrecare più disturbo del dovuto. Quale sia la soglia di sopportazione, però, non è affatto chiaro.

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