mercoledì, Febbraio 5, 2025

Il Black Friday e il futuro dell’economia

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Gran parte del marketing dei prodotti di largo consumo si basa sulle ricorrenze, dalle feste sacre fino a quelle che provengono da altre culture, come Halloween. La stessa cosa si può dire del marketing della distribuzione (negozi, e-commerce multimarca, grandi catene) che, sfruttando la leva del prezzo, riescono a creare una ricorrenza consumistica come il Black Friday, ovvero il giorno che dà inizio allo shopping natalizio.

Noi parliamo di Black Friday, ma in realtà in Usa la questione si è dilatata temporalmente fino a comprendere ben cinque giorni: molti grandi magazzini e negozi resteranno infatti aperti (Brown Thursday, ma non ditelo ai fan-hater di Gianni Morandi), poi dopo il Black Friday, c’è il giorno dedicato alle piccole imprese (Small Business Saturday), la domenica che continua ad essere una giornata di shopping e infine il Cyber Monday, dedicato agli acquisti online e sopratutto all’elettronica di consumo.

Ma che impatto ha il Black Friday sull’economia?
Se il tema della crescita economica di un paese è legato a stretto filo con l’aumento dei consumi, allora l’impatto è decisamente positivo, fino a quando la gente pagherà gli acquisti con i contanti senza accumulare spese che non possono davvero permettersi con la carta di credito.

Se troppe persone estendono il loro credito oltre il limite di acquisto di cose di cui in realtà non hanno bisogno, potrebbe avere un effetto disastroso sull’economia dei singoli stati. Certo, le immagini che abbiamo di fronte agli occhi di consumatori assatanati nei Wal-Mart che si precipitano sugli scaffali come bestie voraci, sembrano tratte da qualche b-movie dello scorso secolo.

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Oggi però non possiamo pensare che queste scene di consumo così selvaggio possano rappresentare l’unico modo di crescita delle economie, sopratutto se vogliamo intendere “crescita sostenibile”.
Sicuramente per i paesi in via di sviluppo o per quelli che oggi registrano i più alti tassi di crescita (India, Africa, Brasile….) non può essere questa la via per un sano sviluppo economico inclusivo e di benessere sociale. Manish Pabna direttore del World Resources Institute’s business center in un suo articolo su Forbes immagina i vari Wal-Mart o Target nel 2030 divisi in tre reparti separati: il primo che vende prodotti nuovi, l’altro che si occupa della riparazione o l’aggiornamento di prodotti esistente e il terzo di rivendita dell’usato. Le aziende – continua Pabna – faranno altrettanto soldi vendendo questi servizi, inoltre hanno la possibilità di impiegare più personale e, pensando al business in un’ottica di economia circolare, riescono a portare un doppio contributo alla crescita e al benessere.

Alcune aziende più innovative come Ikea stanno già pensando in questi termini, ma anche catene come Mark & Spencer con l’operazione Shwopping o l’attività di riciclo fatta da H&M.

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