domenica, Febbraio 23, 2025

Rifiuti, che fare? Le soluzioni del ministro dell’Ambiente Galletti

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Sono tante le questioni sul tema rifiuti che richiedono l’intervento del ministero dell’Ambiente, di cui è titolare Gian Luca Galletti. Si deve risolvere il problema procedure di infrazione sulla gestione rifiuti che lo Stato italiano paga all’Unione europea per le inadempienze delle amministrazioni locali (paghiamo circa 300mila euro al giorno). Poi bisogna affrontare la costruzione di otto nuovi inceneritori, previsti già nel decreto Sblocca Italia, e il regolamento attuativo sulla tariffazione puntuale che manca da vent’anni. Per sciogliere questa matassa e capire come l’Italia possa finalmente uscire dall’emergenza dell’immondizia, nell’ambito dell’inchiesta Rifiuti d’Italia, Wired ha intervistato il ministro Gian Luca Galletti. A partire da quelle necessarie per sostenere l’economia circolare, promossa dall’Unione europea.

(Foto: Ap/LaPresse)(Foto: Ap/LaPresse)

Ministro Galletti, a proposito del pacchetto Ue sull’economia circolare: quali sono le buone pratiche concrete che avete individuato in Italia e come intende promuovere la politica verso rifiuti zero?

“Quella dell’economia circolare è una scelta strategica e decisiva, che l’Italia ha compiuto per uno sviluppo il più sostenibile e, in prospettiva, a rifiuti zero e decarbonizzato.

Una scelta, assunta dall’Europa a presidenza italiana nell’autunno del 2014 con il nuovo pacchetto clima-energia, il cosiddetto 40-27-27, e cioè gli obiettivi da raggiungere entro il 2030: almeno il 40% in meno di emissioni, energie rinnovabili al 27% e un incremento di efficienza energetica del 27%.

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Quella scelta italiana ed europea è diventata sfida globale dopo l’intesa mondiale con l’intesa sul clima siglata a Parigi nel dicembre scorso.

“E sempre nel dicembre scorso l’Europa ha presentato il suo pacchetto per trasformare la nostra economia da lineare, con molto consumo di materie prime e molti rifiuti, a circolare, risparmiano materie prime, riciclando e recuperando tendenzialmente tutti i materiali per raggiungere l’obiettivo ambientale ma anche economico di rifiuti zero. Per entrare a pieno ritmo in questa nuova economia, non basta aumentare i target di riciclaggio delle direttive europee, ma bisogna soprattutto individuare gli strumenti idonei per orientare il mercato dei produttori e dei consumatori verso i prodotti riciclati.

“Nel Collegato ambientale, il ministero dell’Ambiente ha già individuato una serie di misure, tra cui l’applicazione dei criteri minimi negli appalti pubblici e la definizione di punteggi premianti per l’utilizzo dei materiali di scarto. Altre misure, più ampie e organiche saranno definite nel green act, il piano industriale dell’Italia sostenibile a cui stiamo lavorando”.

Il Green Act, annunciato da Matteo Renzi il 2 gennaio del 2015, non è però ancora stato varato e lo sarà probabilmente nel 2017. Sempre sul versante europeo, invece, su 35 procedure di infrazione comunitarie pendenti sul nostro paese, 17 riguardano l’ambiente e sette di loro riguardano la cattiva gestione di rifiuti e discariche, dalle ecoballe campane a Malagrotta, fino ai mancati piani regionali. Quanto ci costano e come si sta correndo ai ripari?

“Questo è un tema serio. Infatti nessuna economia circolare, nessuna ipotesi di rifiuti zero è seriamente possibile se in Italia si continua a conferire in discarica il 40% dei rifiuti. L’eliminazione delle discariche è la madre di tutte le battaglie per l’ambiente. Ed è una battaglia che va combattuta assieme alle Regioni e agli enti locali, perché la costituzione affida alle Regioni la gestione del ciclo dei rifiuti. Noi ci troviamo nella imbarazzante situazione di Regioni che mandano in discarica il 60 o l’80% dei rifiuti e sdegnosamente rifiutano l’idea di un termovalorizzatore nel loro territorio, magari pretendendo di mandare i loro rifiuti nel termovalorizzatore di Rotterdam.

“Questo non è fare ambiente, questa è solo demagogia. È necessario che le Regioni che sono indietro elevino la percentuale di raccolta differenziata e che comunque si diminuisca la produzione di rifiuti. Le infrazioni europee ci preoccupano, ma sia chiaro che siamo più preoccupati delle conseguenze per i cittadini e per l’ambiente di tonnellate e tonnellate di rifiuti mandati ogni giorno in discarica. Ovviamente stiamo lavorando intensamente ottenendo risultati importanti.

inceneritore-bresciaL’inceneritore A2A di Brescia (foto: Rosy Battaglia – Cittadini Reattivi)

“Attraverso un intervento rapido e un’interlocuzione coordinata con gli organismi europei e le amministrazioni locali, vogliamo evitare che i cittadini italiani paghino le inefficienze di decenni: non vogliamo che alle spese sostenute per servizi insufficienti si aggiungano quelle per le sanzioni dell’Unione europea. Dall’insediamento del governo Renzi a oggi, sono state archiviate 17 procedure di infrazione rispetto alle 35 pendenti e si è passati da 53 Eu Pilot [richieste informali di informazioni, precedenti alla fase pre-infrazione, ndr] a 34. Bisogna avviare con le Regioni e la Commissione europea un percorso fondato sulla chiarezza e sulla fiducia, mediante un confronto costante sui dati e una rinnovata centralità nell’approccio dei temi”.

Lo scorso aprile è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto del presidente del Consiglio dei ministri che prevede unaricognizione dell’offerta esistente e l’individuazione del fabbisogno residuo di impianti di recupero della frazione organica dei rifiuti urbani raccolta in maniera differenziata”, meglio noti come impianti di compostaggio e biodigestione. Quali sono gli impegni presi dalle Regioni verso il ministero? Perché questa iniziativa è stata promossa solo nel 2016?

“Il ministero non è intervenuto ‘solo nel 2016‘, il ministero non dovrebbe intervenire in questo campo. Lo abbiamo fatto per colmare una lacuna delle Regioni a cui spetta il compito di realizzare una rete integrata e adeguata di impianti per la gestione dei rifiuti urbani, nel rispetto dei principi di autosufficienza e prossimità. Tuttavia in diverse regioni si sono create delle situazioni di emergenza, per le quali sono state avviate anche delle procedure di infrazione europea.

“Proprio per questo, con il decreto del 12 settembre 2014, convertito con modifiche nella legge dell’11 novembre 2014, (il cosidetto “Sblocca Italia” ndr), si è voluta promuovere un’azione di coordinamento sovraregionale da parte dello Stato, con l’obiettivo di superare queste criticità. Mediante questo decreto sono stati individuati gli impianti in esercizio, la loro capacità di trattamento e il fabbisogno residuo degli impianti di recupero della frazione organica dei rifiuti urbani raccolta in maniera differenziata. Spetta adesso alle Regioni il compito di recepire, nell’ambito dei rispettivi piani di gestione dei rifiuti, le scelte strategiche contenute nel decreto. Non smetterò mai di dirlo: bisogna partire dalla raccolta differenziata che, in molte regioni, deve attestarsi su percentuali molto al di sopra di quelle attuali”.

Nel decreto legislativo del 5 dicembre 2013 era stata introdotta la possibilità di immettere in rete o utilizzare come carburante per autotrazione il biometano ottenuto dalla raffinazione del biogas, a sua volta prodotto dalla digestione anaerobica di rifiuti, scarti, sottoprodotti o prodotti di origine biologica. A quando il decreto attuativo che permetta investimenti da parte di aziende pubbliche e private, anche in relazione alle procedure di infrazione sulla cattiva qualità dell’aria?

“Il decreto introduce un regime di incentivazione alla produzione di biometano, nell’ottica di garantire un utilizzo più efficiente di alcune risorse, a cominciare dai rifiuti, e di ridurre l’impatto dei carburanti tradizionali sulla qualità dell’aria. Il quadro normativo contenuto all’interno del decreto, pur essendo di per sé esaustivo, si è tuttavia dimostrato nel tempo di difficile applicazione.

“In particolare, il sistema incentivante è risultato non sufficientemente efficace nel sostegno all’utilizzo del biometano del settore dei trasporti dove il potenziale da sfruttare è particolarmente ampio. Il ministero dello Sviluppo economico sta lavorando ad una revisione del testo del decreto, che a breve verrà trasmesso ai ministeri concertanti”.

inceneritoriSan Filippo del Mela – Milazzo, la centrale A2A (foto: Vince Cammarata)

Passiamo agli inceneritori e all’impatto su ambiente e salute. Il ministero ha valutato che “non sussistano problemi ambientali direttamente connessi” che richiedano una Valutazione ambientale strategica (Vas) per la costruzione di nuovi inceneritori. Di fatto, si rimanda il problema alle regioni e ai territori. Un inceneritore su due in Italia ha però avuto problemi di impatto ambientale accertato dagli enti di controllo, o indagini della magistratura relativi alla non corretta gestione del flusso dei rifiuti.

“Dal tono della domanda sembra che il ministero dell’Ambiente si sia svegliato una mattina e, in un paese con la differenziata al 90% e zero discariche, abbia pensato di costruire dei termovalorizzatori. Come sappiamo tutti, le cose non stanno così e se  il governo ha storicamente una colpa, nei decenni passati, è quella di non aver costretto le Regioni ad attuare un ciclo dei rifiuti ambientalmente corretto ed economicamente virtuoso. Ciò detto, ribadisco che spetta alle Regioni il compito di recepire le scelte strategiche contenute nel decreto del 2014, avviando le procedure necessarie di valutazione ambientale strategica ed eventualmente di autorizzazione dei progetti”.

La nuova legge di riforma delle Agenzie ambientali sicuramente è un buon passo verso la trasparenza e maggiori controlli che richiedono i cittadini, ma nel frattempo?

“Nel rilasciare le Autorizzazioni integrate ambientali (Aia) per l’operatività degli impianti di trattamento rifiuti, le autorità regionali competenti approvano anche i piani di monitoraggio e controllo. Le agenzie ambientali regionali (Arpa) hanno il compito di verificare che i gestori degli impianti rispettino le condizioni prescritte, eseguendo i campionamenti previsti secondo le modalità e le frequenze indicate nei piani, indipendentemente dalla riforma approvata in Parlamento, che finalmente rende uniformi sul territorio e omogenei sotto il profilo tecnico i controlli sull’ambiente”.

Con il Decreto sulle rinnovabili dello scorso, sono stati destinati 10 milioni di euro per 50 MWh destinati alle fonti provenienti dal recupero energetico da rifiuti, indicando che “si offre uno strumento per la chiusura del ciclo rifiuti, nel rispetto della gerarchia europea di priorità di trattamento”. Può chiarire in che modo? Sono fondi destinati ai nuovi impianti di incenerimento?

“Tra le rinnovabili incentivate dal decreto, è compresa la frazione biodegradabile dei rifiuti. Il beneficio è riconosciuto se questa è utilizzata per la produzione di energia in nuovi impianti di incenerimento o recupero energetico e fino al limite di potenza complessivo di 50 MW ( è previsto un impegno annuale di 10 milioni di euro, che corrisponde a circa il 2,5% delle risorse finanziarie destinate con il decreto a tutte le rinnovabili).

“Ciò premesso, per quanto riguarda la gerarchia dei rifiuti, soprattutto sulla base dei nuovi principi di economia circolare, l’ordinamento pone obiettivi minimi di raccolta differenziata e riciclaggio: in caso di mancato raggiungimento, è prevista l’applicazione di un’addizionale del 20% alla tariffa di conferimento dei rifiuti in discarica.

rifiutiImpianto recupero della carta a Parma, Ghirardi srl. (foto: Vince Cammarata)

“L’eventuale autorizzazione dei nuovi impianti di incenerimento resta comunque subordinata a una valutazione del fabbisogno di trattamento dei rifiuti residui. Pertanto, l’ipotetica realizzazione di nuovi termovalorizzatori non determinerà alcuna violazione del principio della gerarchia dei rifiuti e dovrà in ogni caso avvenire in conformità con quanto previsto dai decreti attuativi dell’articolo 35 dello “Sblocca Italia” e con la stima complessiva del fabbisogno nazionale residuo di recupero energetico prevista.

Non sono innamorato dei termovalorizzatori, sono nemico giurato delle discariche. Se le Regioni mi propongono soluzioni realizzabili senza termovalorizzatori io ne sono più che contento. Se dicono no alla termovalorizzazione e intanto continuano a buttare tutto in discarica, facendo correre nel frattempo anche le sanzioni europee, io da ministro dell’Ambiente, non posso accettarlo. E devo dire che mi sorprende che la vis polemica che tanti mostrano verso gli inceneritori non venga mostrata verso le discariche che certamente, comunque la si veda, sono di gran lunga più dannose per l’ambiente”.

Secondo Ispra una delle forme di risparmio economico per i cittadini – oltre che di vantaggi ambientali – riguarda l’adozione di tariffazione puntuale (che prevede una parte variabile che prevede una stima di quanti rifiuti produrrebbe il singolo). Sono passati quasi vent’anni dal decreto legislativo del 1997 che la introduceva: a quando il regolamento attuativo per stabilire criteri univoci per la realizzazione di sistemi di misurazione puntuale della quantità di rifiuti conferiti dalle utenze del servizio pubblico?

“La legge prevede che con regolamento siano stabiliti dei criteri per la realizzazione da parte dei Comuni di sistemi di misurazione della quantità di rifiuti per attuare un modello di tariffa commisurata al servizio reso a copertura integrale dei costi relativi al servizio. La legge n. 221 del 2015 ha modificato la norma esistente, prorogando il termine entro il quale emanare il regolamento, ovvero entro un anno dall’entrata in vigore.

“Il ministero dell’Ambiente ha redatto lo schema di regolamento e ha avviato l’istruttoria, nell’ambito della quale sono stati ascoltati gli operatori pubblici e privati del settore. Sullo schema è stato chiesto il parere dell’Ispra. Dopo questo passaggio, il testo sarà inviato, come previsto, al ministero dell’Economia per l’acquisizione del parere, e successivamente alla Conferenza Stato-città”.

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