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C’è chi lo descriveva poeticamente come il generatore delle passioni e chi invece, più pragmaticamente come Aristotele, lo considerava fonte di calore e di vita. È il cuore, un muscolo fondamentale per la nostra sopravvivenza e per la nostra salute: ancora oggi le patologie cardiovascolari sono infatti la prima causa di morte nel mondo, con oltre 17 milioni di decessi all’anno. Quella della cardiologia moderna è una storia lunga e appassionante, che inizia nel 1628, anno in cui il medico inglese William Harvey pubblica la sua scoperta dell’apparato circolatorio. Da quel momento, un susseguirsi di scoperte che hanno scandito lo sviluppo della cardiologia moderna, dall’elettrocardiogramma al pacemaker, dalla terapia trombolitica al defibrillatore, fino ad arrivare ai giorni nostri, con la creazione del cuore artificiale. Ed ecco le 10 scoperte più grandi della storia della cardiologia, che hanno rivoluzionato il modo di curare le malattie cardiovascolari.
1. L’elettrocardiogramma (Ecg)
Rappresentare su un foglio l’attività del cuore, per avere un dato concreto con cui analizzarne la funzionalità e lo stato di salute.
A riuscirci è stato Willem Einthoven (premio Nobel nel 1924) che per primo inventò il sistema per riprodurre graficamente l’attività elettrica del cuore, descrivendo in questo modo i tracciati elettrocardiografici di parecchie malattie cardiovascolari. L’elettrocardiogramma, oggi, consiste nella registrazione grafica delle correnti d’azione, ovvero le differenze di potenziale generate dagli impulsi del cuore durante il suo funzionamento, grazie all’elettrocardiografo, strumento che appunto riproduce, su carta millimetrata, l’attività del cuore grazie ad elettrodi applicati in diversi punti del corpo.
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2. I fattori di rischio
Una cattiva alimentazione, la sedentarietà, consumo di alcol e fumo. Sono alcuni dei fattori di rischio delle malattie cardiovascolari. E se oggi ci possono sembrare quasi scontati, prima del Framingham Heart Study, condotto tra il 1948 e il 1951, e considerato una pietra miliare della storia della cardiologia preventiva, non lo erano affatto. E dire che si tratta dei peggiori nemici per la salute del cuore: il fumo, ad esempio (come dimostra lo studio Interheart) aumenta del 35% il rischio per un primo infarto miocardico acuto, mentre una buona alimentazione, ricca di frutta, pesce e verdura, diminuisce del 35% il rischio cardiovascolare (stando ai risultati dello studio Moli-Sani dell’Ircss Neuromed di Pozzilli).
3. L’arteriosclerosi e le lipoproteine
Improvvisa debolezza, intorpidimento facciale e degli arti inferiori, confusione, difficoltà di comprensione e disturbi alla vista. Sono questi alcuni dei sintomi dell’arteriosclerosi, malattia che colpisce le arterie, infiammandole e indurendole, a causa del deposito del famoso colesterolo cattivo all’interno delle loro parete. Fino a poco più di 50 anni fa non si sapeva esattamente cosa causasse questa malattia: a svelarlo è stato lo scienziato americano John Gofman che, nel 1950, è riuscito finalmente a dimostrare come le lipoproteine giochino un ruolo fondamentale. In particolare, un aumento delle lipoproteine a bassa densità (Ldl), ossia il colesterolo cattivo, ne favorisce l’ingresso nella parete arteriosa, e il conseguente accumulo all’interno del vaso e la formazione delle note placche aterosclerotiche.
4. L’ecocardiogramma
Nella Seconda Guerra Mondiale veniva usato un particolare dispositivo sonar per rivelare la presenza di sottomarini. Nel 1952 Inge Edler, cardiologo svedese e Carl Hellmuth Hertz, un fisico tedesco, hanno pensato bene di riadattarlo all’uso umano per registrare gli echi dalle pareti di un cuore umano. Nasce così l’ecocardiogramma, che oggi si è evoluto fino a comprendere un vasto gruppo di tecniche non invasive che si basano sull’emissione di ultrasuoni per riuscire a capire dimensioni, forma e movimento delle strutture cardiache.
5. Il primo pacemaker
Un piccolo apparecchio capace di stimolare elettricamente la contrazione del cuore, quando questa non avviene naturalmente. A svilupparlo è il cardiologo Paul Zoll della Harvard University, che nel 1952 inventa il primo pacemaker cardiaco. Un apparecchio che in breve tempo evolve dai primi modelli, scomodi, esterni, ingombranti e con batterie di breve durata, fino a quelli di oggi: miniaturizzati, più resistenti ai disturbi elettrici, capaci di monitorare il pH, i livelli di ossigeno nel sangue, la frequenza respiratoria e a monitorare i battiti cardiaci.
6. Statine
Abbassare i livelli di colesterolo cattivo nel sangue. È questo il compito delle statine, i farmaci più utilizzati per patologie come l’arteriosclerosi, l’ipercolesterolemia e l’ictus. La prima ad essere stata scoperta, nel 1975, è la mevastatina e da allora ne sono state trovate o sintetizzate molte altre, come per esempio, la lovastatina, pravastatina e la cerivastatina. La loro funzione è quella di ridurre i livelli di colesterolo cattivo nel sangue limitandone la sintesi (che può diminuire dal 27-34% in base alla varietà della statina) e lasciando, invece, inalterata quella del colesterolo buono (Hdl). L’efficacia del trattamento con le statine è ampiamente confermata da molti studi, in cui si evidenzia che oltre il 70% dei pazienti trattati con questi farmaci raggiungono valori di colesterolo accettabili.
7. Ipercolesterolemia familiare
Il colesterolo cattivo non dipende solo da un’alimentazione scorretta, ma può essere il risultato di alcune anomalie genetiche. Questo è il caso dell’ipercolesterolemia familiare, una malattia rara (in Italia si registra un caso ogni 250 persone) ereditaria che nasce appunto dall’alterazione di un gene che codifica per il recettore delle Ldl e che normalmente ha il compito di rimuovere dal sangue le cellule di colesterolo cattivo. Descritta per la prima volta negli anni ’70 dal medico americano Joseph Goldstein, l’ipercolesterolemia familiare determina un alto rischio di soffrire di malattie cardiovascolari, come l’aterosclerosi. Per chi ne soffre seguire anche una dieta molto sana può non essere sufficiente ed è spesso necessario ricorrere anche ai farmaci. Negli ultimi anni l’introduzione di anticorpi monoclonali umani capaci di inibire PCSK9, l’enzima che regola la degradazione del recettore Ldl per il colesterolo, ha rivoluzionato la terapia di questa malattia.
8. La terapia trombolitica
Uno degli sviluppi più interessanti dell’ultimo secolo (intorno agli anni ’70) è l’introduzione della terapia trombolitica, basata sulla somministrazione di farmaci come la streptochinasi e l’urochinasi, in grado di sciogliere emboli e trombi che si formano all’interno dei vasi sanguigni. Questa terapia viene utilizzata spesso nei pazienti affetti da ischemia cerebrale o infarto acuto e deve essere applicata nelle prime ore dall’evento scatenante. I farmaci più utilizzati attualmente sono gli anticoagulanti, che hanno appunto il ruolo di bloccare la formazione del trombo o dell’embolo. Tra questi ci sono quelli assunti per via orale, come per esempio gli antagonisti della vitamina k, o le eparine a basso peso molecolare (Ebpm), che si somministrano per via sottocutanea e che sono largamente utilizzate nei pazienti (anche al di fuori dell’ospedale, poiché non è necessario uno stretto monitoraggio) per i quali è fondamentale mantenere il sangue molto fluido.
9. Trapianto di cuore
Il primo trapianto di cuore al mondo è stato eseguito il 3 dicembre 1967 dal chirurgo sudafricano Christiaan Barnard all’ospedale Groote Schuur (Città del Capo) su un uomo di 55 anni, che morì, però, 18 giorni dopo. Ma la volta successiva, poco meno di un anno dopo, lo stesso Barnard ha avuto molto più successo, regalando 19 mesi di vita al dentista Philp Bleiberg. Da allora la cardiochirurgia a fatto numerosi passi in avanti, tanto che la sostituzione di un cuore malato con quello sano di un donatore allunga la vita a molti pazienti con scompenso cardiaco. Tuttavia, il numero di donatori è ancora troppo basso per curare i tanti pazienti in lista d’attesa: il fabbisogno nazionale è di circa 800 all’anno, ma oggi il numero di interventi eseguiti è di soli 300 all’anno. Secondo i dati dell’Iss, comunque, nel nostro Paese l’89,9 % dei casi di pazienti trapiantati torna ad avere un buona qualità di vita, svolgendo tutte le normali attività quotidiane come lo sport e il lavoro.
10. Cuore artificiale
Il cuore artificiale (impiantato per la prima volta nel 1982) è un dispositivo meccanico che sostituisce il cuore vero, composto da due ventricoli di materiale sintetico e da una batteria, che a seconda del modello del dispositivo, può essere esterna o interna. Viene utilizzato temporaneamente, per colmare il tempo di attesa per un trapianto di cuore, o addirittura sostituirlo definitivamente. Esattamente il 30 settembre 2010, infatti, è stato innestato un cuore artificiale permanente in un ragazzo di 15 anni affetto da distrofia muscolare, e si tratta della prima volta nella storia che un dispositivo venga innestato con l’intento di mantenerlo fino al termine naturale della vita del paziente.
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