giovedì, Marzo 13, 2025

Nokia 3310 è solo nostalgia, ma mi piace

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Barcellona – Il mio primo telefono fu un Panasonic grosso come una barretta di Mars e con l’antenna che bucava l’arteria femorale quando mi sedevo tenendolo in tasca. Era uno dei primi telefoni a inviare sms, mio padre me lo regalò agli sgoccioli del 1997 “così mi tieni informato mentre sei in centro a festeggiare il capodanno”. Ovviamente la rete dell’epoca crollò sotto la pioggia di messaggini e telefonate di auguri, avevo 16 anni.

Dopo un anno circa passai finalmente al 3210 che rappresentò per me il vero telefono generazionale del liceo. Era bellissimo con quelle cover personalizzabili in grado di definirti almeno quanto il rumore della marmitta del motorino. Riuscii persino a modificare l’immagine del logo per inserirne una personalizzata: il logo della radioattività e la scritta “Danger”, aumentando così il mio street credit (ero comunque un nerd, quindi c’era poco da fare, sfigato ero, sfigato sarei rimasto).

Poi arrivò il 3310, più tozzo del predecessore, ma più tosto, con una batteria dalla durata infinita, prendeva anche nel bunker di Hitler e potevi comporre le suonerie, fondamentale espressione della propria personalità.

Anche questo modello aveva le cover intercambiabili e, cosa che suonava incredibile all’epoca, ben tre giochi. Che poi alla fine giocavi sempre e solo a Snake, cercando di fare il record sui telefoni degli amici per seguire quelle strane logiche territoriali tra maschi.

Lo ricordano tutti perché fu proprio questo modello a lanciare lo storico gioco “Snake”. Valore attuale: 300 €.

Era un periodo in cui il telefonino personale era una sorta di riserva indiana, uno spazio privato in cui comunicare senza la trafila del “Scusi signora, c’è Lorenzo?”, in cui conservavi gelosamente quei due o tre messaggi che ti facevano bene (o male).

Avevo 19 anni e nonostante tutto il mio mondo fosse ancora in parte gestito dagli adulti, il telefono e il computer erano gli unici territori dove non potevano seguirmi.

Non avevo idea che di lì a poco quel piccolo spazio sarebbe diventato grande come l’intero pianeta.

Qualche tempo dopo comprai anche un palmare HP, ricordo persino i tentativi goffi per coniugare mobilità e schermi touch con soluzioni abbastanza scomode e costose che prevedevano Windows CE, ma a dispetto di tutto il 3310 rimaneva il centro di gravità permanente di un settore tutto sommato placido. Se proprio volevi fare quello controcorrente compravi lo StarTac, se invece eri un manager sfoggiavi il mitologico Nokia Communicator, un telefono che si apriva a metà per diventare un’agenda elettronica con tanto di tastiera completa, roba da fantascienza.

Poi giustamente il mondo è andato avanti, molto avanti, e io l’ho seguito con estremo entusiasmo; il 3310 è rimasto per un po’ nel cassetto o poi l’ho passato a un parente che aveva un telefono più vecchio, Nokia si è fatta trovare con i pantaloni calati dalla rivoluzione degli smartphone touch e il mondo è andato avanti.

Per dieci anni abbiamo usato telefoni sempre più connessi, potenti, efficienti, lottando contro le batterie e le tastiere touch, facendo finta di essere disturbati dalle notifiche, ma in verità totalmente assuefatti e legati da un legame ormai indissolubile. Con il telefono ci lavoro, faccio la spesa, ordino una pizza, vado in metropolitana, scrivo, prendo note vocali, guardo un film, ascolto la musica, è diventato il centro e il simbolo di una vita iperconnessa decisamente comoda, inutile girarci intorno. Non sarò io a dirvi che si stava meglio prima, coi gettoni e i modem a 33.6K, perché non è così.

nokia3310

In questi 10 anni però la nostalgia è diventata un business, vuoi perché il futuro ci spaventa più di prima, vuoi perché in un’epoca che consuma sempre più velocemente è difficile che un prodotto riesca ad avere, oltre al corpo, un’anima, e allora si torna indietro, così da trasmetterci sensazioni familiari. Siamo diventati talmente ancorati al passato che oggi vedo ragazzini che non hanno mai stretto in mano un 3310 che ne condividono i meme. Come se tutto il nostro carico di nostalgia fosse colato sulle generazioni successive come melassa.

E dunque ecco che ritornano la Mini, la 500 o il NES Mini e ovviamente non possiamo farne a meno, salvo poi lasciarli là, perché la nostalgia è senza tempo, ma tu ne hai troppo poco da buttar via. Ecco che tornano cuffie che sembrano quelle con cui tuo padre ti faceva ascoltare gli LP, tornano persino gli LP stessi, perché fanno figo, perché i cd non li ascolta più nessuno e la musica in streaming è cheap. Persino Samsung decide di dare al pennino del Galaxy Tab la forma della classica matita Staedtler, quella con cui facevi i compiti di tecnica. Persino il BlackBerry sembra risorto dalla tomba, se qualcuno si svegliasse oggi da un coma durato 10 anni probabilmente non vivrebbe grandi shock culturali leggendo le notizie del Mobile World Congress.

Tendenzialmente questo business della nostalgia si basa su un assunto: il design è retro, ma l’esperienza è tutto sommato moderna. Persino il NES Mini è un piccolo concentrato di tecnologia che si sta trasformando in un emulatore a tutto tondo.

Ma il nuovo 3310 no. È un telefono nato, credo per attirare solo in parte l’attenzione attorno al rilancio di Nokia, ma che invece ha di fatto cannibalizzato i suoi colleghi di fascia media. Forse qualcuno deve aver sottovalutato il potere virale di un telefono che è diventato meme senza neanche essere più in commercio.

Nokia 3310

Ieri finalmente sono riuscito a toccarlo con mano, sgomitando tra cinesi incuriositi e ragazze che avevano la stessa età del telefono originale e che non vedevano l’ora di farsi un selfie mentre lo usavano.

Mi sembrava di essere sbarcato in una realtà parallela in cui Jobs è morto qualche anno prima e gli smartphone non sono mai nati. Dopo l’uomo dell’alto castello, quello dell’altro telefono.

Il primo impatto è stato proustiano e mi ha ricordato l’incredibile potere che alcuni oggetti possono avere su di noi. Prendendo in mano quel leggerissimo pezzo di plastica pieno di tasti fisici per un secondo che è durato una vita sono tornato all’ultimo anno del liceo, quando nelle ore più noiose scattava il torneo di Snake, seguito dalla lettura di Dragon Ball occultato sottobanco o dall’ennesima rilettura della Smemoranda.

Per un attimo ho pensato che se me lo fossi messo all’orecchio avrei sentito i Guano Apes che cantavano Big in Japan. Come una sorta di conchiglia postmoderna.

Poi si è fatto largo un pensiero ben diverso e forse più subdolo, l’idea che dopo anni di iperconnessioni e schermi touch forse è arrivato il momento di prendersi una pausa, magari comprandolo sarei riuscito a rimanere più concentrato sul lavoro, sul presente invece che in uno dei tanti momenti futuribili. Da questo punto di vista il nuovo 3310 mi è sembrata la versione moderna del viaggio in India che i ragazzi facevano negli anni ’70, una sorta di violenta cura disintossicante dalla notifica. Una fuga dalla metropoli tentacolare dello smartphone verso la serena e spoglia campagna del feature phone.

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Un po’ come comprarsi l’abbonamento in palestra subito dopo il cenone di Natale. Un piccolo atto di ribellione vagamente snob come quelli che una volta dichiaravano orgogliosi che non avevano la televisione.

E io ho seriamente paura di essere affascinato soprattutto da questo aspetto.

Venderà? Forse sì, anche se ormai pensare un telefono senza Whatsapp sembra fantascienza. Però forse questa è una visione troppo italocentrica, dove questo servizio di messaggistica è particolarmente utilizzato, magari ci sarà un aggiornamento che permetterà di usare Telegram o qualche altro protocollo più semplice.

Rimane comunque un oggetto totalmente fuori dal tempo, come un’auto a benzina super senza servosterzo, che però ti ricorda quella in cui ti sei baciato per la prima volta con una ragazza. La stessa schifosa nostalgia di Renton che ricorda George Best in Trainspotting 2.

Venderà perché per 50 euro chiunque vorrà comprarsi il momento ironico e vagamente hipster di fargli una foto accanto al suo smartphone.

Venderà perché sono soldi che posso spendere per avere qualche momento in cui la tizia che mi piaceva al liceo mi sorrideva invece di ignorarmi.

Venderà come atto di ribellione contro le tastiere touch e la mancanza di personalità degli smartphone moderni, tutti uguali.

Venderà perché ci illudiamo che sia la ricetta magica contro quel collo perennemente piegato verso il basso, ma già sappiamo che dopo aver giocato per la ventesima volta a Snake sentiremo forte la mancanza del feed di Facebook e di tutte le altre comodità.

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