sabato, Dicembre 21, 2024

Far East Film Festival 2017: diario del Day 3

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A giudicare dall’applausometro domenicale del Far East Film Festival 19, la rassegna ha già un paio di pretendenti sicuri alla vittoria: il giapponese Close-Knit di Naoko Ogigami e Mr. Zhu’s Summer del giovane esordiente cinese Song Haolin.
Il lavoro della regista giapponese ci propone una storia a metà strada tra il dramma e la commedia che sfrutta le consuete atmosfere pacate tipiche dell’autrice. È la storia di una ragazzina la cui inquieta madre periodicamente l’abbandona a se stessa: a prendersi cura di lei sarà il fratello della madre che vive insieme ad un transessuale ormai prossimo a cambiare anche anagraficamente sesso. L’iniziale disagio della ragazzina viene presto sostituito da un crescente affetto che la nuova famiglia riesce a trasmetterle anche se l’ombra ingombrante della madre è sempre in agguato. Pur nel suo insistere su tematiche non certo leggere, Close-Knit ha il pregio di raccontare il tutto con grande sobrietà, anche laddove le allusioni si presentano, con un occhio di riguardo alle tette finte e al lavoro a maglia.

Mr. Zhu’s Summer è invece il ritratto di un maestro delle elementari di provincia. Alla ricerca di una sua affermazione personale interiore prima di tutto, il suo rapporto con la classe muta da quando Mr. Zhu decide di adottare metodi alternativi di insegnamento più orientati all’esplorazione di se stessi. In effetti il metodo funziona, soprattutto quando per un banale episodio travisato da due tra i più indisciplinati allievi, la reputazione del maestro è messa in discussione. La crescita dei ragazzini e quella del maestro di pari passo portano alla luce la tematica del successo e della affermazione, quasi un’ossessione nella Cina moderna. Lavoro dalle tinte soavi, dai sentimenti semplici, l’opera prima di Song, pur allontanandosi e di molto dall’austera autorialità del cinema indipendente cinese, mostra un regista capace, con una piccola storia, di tenere bene in piedi l’intero film.

La mattina si era aperta con il film coreano Derailed di Lee Sung-tae, un racconto di disagio giovanile che si impernia su quattro giovani che vivono alla sbando per le strade campando di espedienti, almeno fino a quando si cacciano in un guaio con un gestore di karaoke bar e non si ritrovano di fronte un altro malfattore finito in galera per colpa loro. Da una parte il nichilismo estremo, dall’altra l’amore giovanile che tiene insieme le due coppie, in mezzo un sottobosco umano marcio, dove però qualche scintilla di coscienza ancora non totalmente azzerata persiste. Storia dura, dai contorni spesso lividi, dove brilla solo il senso dell’amicizia e il sacrificio.

At Café 6 del regista taiwanese Neal Wu, scrittore e sceneggiatore qui alla sua opera prima basata su un suo romanzo, è la più classica commedia taiwanese della New Wave degli anni 2000: racconto di una generazione che esce dall’adolescenza per affrontare la vita attraverso il passaggio dal liceo all’università che trova dopo molti anni la sua conclusione amara e crudele. Ormai il cinema taiwanese ci ha abituato a questo tipo di coming of age comedy dalle tinte drammatiche al punto da assurgere a vero e proprio genere ben connotato. E il lavoro di Neal Wu sta perfettamente inserito in questo solco. Da segnalare l’eccellente prova di Cherry Ngan, giovane attrice che mostra ormai una maturità da interprete navigata.

Il pomeriggio è dominato dal film interpretato da Jackie Chan e diretto da Stanley Tong, coproduzione sino-indiana, Kung Fu Yoga: c’è tutto quello che ci si possa aspettare da un vecchio leone sempre sulla cresta dell’onda quale Jackie Chan, qui nelle vesti di una versione asiatica di Indiana Jones alla ricerca di un tesoro in India: azione, kung fu, botte, inseguimenti, comicità a iosa ed un finale che da solo vale la visione, fanno di Kung Fu Yoga il classico blockbuster capace di incendiare il pubblico grazie alla giusta miscela di ingredienti che propone.

Bluebeard della regista coreana Lee Soo-youn è un thriller piuttosto atipico nel contesto della cinematografia coreana: azione poca e nulla, aspetto psicologico dominante, una trama che si modella su cambi di prospettive che ricordano lavori come I soliti sospetti e su espedienti hitchcockiani, il film ruota intorno ad un fantomatico serial killer che torna in azione dopo anni. La tensione costante assicurata e l’ambientazione che non è quella tipica di Seoul bensì della provincia, rendono il lavoro della regista un qualcosa che si discosta sotto molti aspetti, non solo squisitamente strutturali, dal cinema di genere coreano.

La grande attesa per domani sta tutta nella presenza di Takumi Saito e Aya Ueto, due fra gli idol più in voga del momento in Giappone che saranno presenti in sala per Hirugao – Love Affairs in the Afternoon, lavoro che li vede protagonisti, e nella proiezione di mezzanotte del primo film laotiano di sempre presente ad Udine, ovvero Dearest Sister di Mattie Do.

Il nostro giudizio ai film visionati

Derailed

Close-Knit

At Cafè 6

Kung Fu Yoga 

Mr. Zhu’s Summer 

Bluebeard 

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