sabato, Dicembre 21, 2024

Prey, la prova: nello Spazio tra ucronie, orrori e colpi di scena

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Prey, titolo di Behtesda uscito in questi giorni, parte da un affascinante bivio storico: immaginate un mondo in cui JFK non è morto a Dallas, ma ha stretto accordi segreti con la Russia per sviluppare un programma spaziale congiunto che ha portato l’umanità ad avere una base spaziale segreta e operante già negli anni ’60 chiamata Kletka, ovvero “La Gabbia”. Un avanzamento tecnologico immenso, che però ha condotto gli scienziati alla scoperta di una razza aliena e ostile, chiamata Typhoon, in grado di trasformarsi in ciò che vuole e assorbire le proprie sostanze nutritive dagli esseri umani.

Kletka diventa immediatamente un laboratorio orbitale per studiare questi esseri pericolosi, ma a causa di un incidente e dei mutati assetti geopolitici degli anni ‘80, la base viene abbandonata come una sorta di grande prigione spaziale per i Typhoon che gli studiosi sono riusciti a rinchiudere al suo interno.

Nel 2025 la TranStar Corporation rileva l’impianto per trasformarlo in un centro di ricerca sul potenziamento delle capacità umane: Talos I.

Avete presente quando in Matrix imparano il kung-fu scaricando un programma? Qualcosa di simile: una riprogrammazione del cervello quasi istantanea attraverso dei chip. Peccato che questo preveda l’uso dei Typhoon e come decine di film di fantascienza ci hanno insegnato, quando usi una tecnologia aliena le cose si mettono malissimo. Ovviamente un bel giorno ci sveglieremo nel cuore di Talos I, dopo che la situazione è andata drammaticamente a quel paese, e avremo un solo obiettivo: cercare di uscirne vivi e impedire che i Typhoon conquistino la Terra.

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Questo è l’impianto narrativo di Prey, notevole titolo sviluppato da Arkane Studios, gente particolarmente brava con i titoli in soggettiva che mescolano narrazione e ambientazioni affascinanti. Loro è infatti uno dei titoli più interessanti della scorsa stagione: Dishonored 2. Anche questo Prey rischia di essere uno dei giochi più belli di quest’anno, nonostante il 2017 sia un’annata particolarmente prolifica, grazie a un approccio particolarmente interessante al gameplay e alla narrazione.

Innanzitutto, una doverosa premessa: Prey è un gioco senza dubbio derivativo, che poggia sulle spalle di grandi titoli del passato come System Shock, Bioshock e lo stesso Dishonored, giochi i cui punti di forza sono un’ambientazione spettacolare e il raccontare una storia dando al giocatore la possibilità di viverla secondo il proprio ritmo, senza tenerlo troppo per mano.

Detto questo Prey è una creatura totalmente nuova e degna di essere analizzata senza guardare troppo al passato, se non come una solida base su cui partire. Un titolo in cui gli elementi noti si mescolano con idee di oggi per formare un gioco che ci mette a disposizione una stazione spaziale che potremo esplorare in lungo e in largo e scontri decisamente tosti dai quali usciremo solo grazie alla nostra arguzia.

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L’aspetto più bello del titolo di Arkane è che cambia pelle in base a come decidiamo di sviluppare il nostro personaggio e seguire l’avventura. Ad esempio, nelle prime ore di gioco capiremo che i nemici più semplici — detti Mimic — sono in grado di trasformarsi in oggetti comuni, come tazze da caffè, sgabelli o cestini di rifiuti. Questo ci getterà in una paranoia in stile “La Cosa” che renderà l’esplorazione di ogni stanza un procedimento lungo e pericoloso, reso ancora più drammatico dalla scarsità di risorse.

L’uso delle risorse è senza dubbio uno degli aspetti più interessanti del gioco, sparsa in giro per la base c’è tantissima spazzatura che potremo raccogliere e scomporre in elementi base della materia grazie ad alcune stazioni di riciclaggio. Questi elementi potranno essere utilizzati per creare oggetti utilissimi come armi, munizioni, potenziamenti e altre amenità. Tanto per capire quanto questo aspetto è importante, la granata più importante del gioco non esplode, ma scompone lo spazio attorno a sé uccidendo i nemici e riciclandoli. Meglio starle lontani quando si attiva.

Dopo qualche ora sbloccheremo un casco chiamato “Psicoscopio” che ci permetterà di rivelare i Mimic e utilizzare alcuni poteri psionici; tuttavia, se decidiamo di svilupparli, le difese della stazione ci individueranno come nemico e cercheranno di ucciderci, a meno che non decidiamo contestualmente di potenziare le nostre abilità di hacking, così da riprogrammarle e, eventualmente, aprire anche alcune porte bloccate, dietro le quali si nascondono oggetti utili per la sopravvivenza. Magari, invece, potremmo decidere di aumentare le nostre abilità furtive, così da sfuggire il confronto diretto con gli orrori che si aggirano per Talos I, oppure potenziare il danno e la precisione delle nostre armi, la resistenza fisica, la forza. La decisione su come gestire la cosa spetta solo a noi e si stratifica ora dopo ora, scelta dopo scelta, stanza dopo stanza, missione secondaria dopo missione secondaria.

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Un altro grandissimo punto a favore di Prey è la sua ambientazione. Essendo passata attraverso molti padroni, Talos I alterna momenti di retrofuturismo anni ’60 e di brutalismo russo, passando per spazi più recenti, a cura della nuova amministrazione. Uno spazio enorme, ricco e stratificato in cui ogni oggetto, ogni email, ogni documento racconta la storia di chi ci ha vissuto e che potremo esplorare quasi liberamente. Molto presto saremo tentati dal vagare per la stazione, ignorando la missione principale per buttarci nelle decine di incarichi secondari, grazie anche a una sorta di pistola tuttofare che lancia una schiuma in grado di bloccare le creature, saldare eventuali fughe di gas o fornire appoggi temporanei per arrivare in luoghi inaccessibili.

Prey è un titolo che sfida il cervello, non solo i riflessi

Prey vi offrirà ore di pura e semplice qualità videoludica e narrativa, colpo di scena dopo colpo di scena. Peccato che la stessa qualità non sia stata riposta nel sistema di controllo, che soprattutto su console appare a volte lento e impreciso, soprattutto nei momenti più concitati. Le ambientazioni in alcuni casi potranno sapere di già visto per più smaliziati e inoltre alcuni giocatori stanno riferendo di bug fastidiosi che bloccano misteriosamente il personaggio, per non parlare di un giornalista inglese che si è ritrovato con dei salvataggi inutilizzabili dopo 30 ore di gioco.

Ma al di là di questi difetti, Prey rimane un titolo solido che sa mantenere alta l’attenzione e la sorpresa, alternando momenti puramente action, spettacolari sequenze a gravita zero, momenti investigativi e situazioni divertenti. Su Talos I ci saranno dei difetti, dei mostri e situazioni difficili, ma di sicuro non c’è la noia.

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