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Foto di Tim Reckmann su Flickr
Ricordate l’ultima volta che avete letto una recensione di un hotel o di un oggetto acquistato su Amazon? È probabile che il voto si aggirasse tra 4 e 5 stelle. Tanto, forse troppo. Eppure 4,3 stelle a detta del Wall Street Journal è la media dei voti che diamo su internet. Altro che haters e troll: quando si tratta di esprimere un giudizio siamo fin troppo generosi. E non è detto che sia un bene: l’eccesso di buoni voti produce infatti una sorta di inflazione, che falsa il mercato. «La valutazione media del nastro adesivo venduto su Amazon, 250 tipi, è di 4.2 stelle», scrive il WSJ, spiegando che sono altissimi anche i voti agli autisti di Uber e ai locali su Yelp.
Non è questione di lana caprina. Come e quanto votiamo ha le sue implicazioni nella nostra economia quotidiana. Se è vero che le recensioni online ci aiutano a fare spesso la scelta migliore, è anche vero che i voti di chi ci ha preceduto sono un formidabile strumento di marketing. Basti pensare ai medici che si propongono attraverso i nuovi siti, che permettono di prenotare visite online: chi li vota di solito lo fa per dirne tutto il bene possibile, col risultato che spesso i primi ad arrivare online sono quelli con più recensioni e il curriculum e le competenze potrebbero passare in secondo piano. E il discorso si può estendere a autisti di Uber, ristoranti, hotel, oggetti in vendita, serie tv. Siamo portati a scegliere chi ha voti migliori, anche se non è difficile trovare chi offre sconti in cambio di stelline e chi si costruisce una reputazione online pagando qualcuno per false recensioni.
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Perché c’è questa inflazione di voti buoni? Che tipo di norme sociali seguiamo quando attribuiamo il massimo dei voti? Secondo Gloria Origgi, docente all’Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales e autrice di La reputazione. Chi dice che cosa di chi (Università Bocconi Editore) un voto online non è solo un voto, ma molto di più: «una volta che ho interagito con qualcuno (ho viaggiato sul suo taxi, ho abitato in casa sua, ho cenato nel suo ristorante) ho creato una relazione basata su una sorta di fiducia reciproca. Quel tipo di fiducia precede la valutazione: valuto bene perché già mi fido e non voglio tradire le aspettative di fiducia dell’altro». Insomma è la natura umana: se abbiamo scelto un ristorante, difenderemo la nostra decisione fino alle 5 stelle, anche se non è detto che sia il voto giusto. Solo se l’esperienza è proprio negativa, scopriamo il potere punitivo di una stella sola. Ma c’è dell’altro. Secondo Origgi viviamo in una società di mutua ammirazione: «io dò un buon voto perché la reputazione emerge da una dinamica di posizionamento sociale reciproco: se dò un buon voto a qualcuno quello un giorno lo darà a me e contribuisco alla creazione di un club di happy few (o happy many) in cui ci piacciamo l’un l’altro».
Che fare per evitarlo? Il WSJ propone una cinquina di consigli per fare scelte più consapevoli e non rimanere abbagliati dalle troppe stelle. Nell’attesa che le fake stars monopolizzino il dibattito pubblico come le fake news…
1. Siate guardinghi con le 5 stelle.
2. Non pensate che 3 sia la media. Le norme variano a seconda della categoria. Occhio alla gamma dei voti (alcune per alcuni servizi/oggetti, tre stelle potrebbe essere il voto minimo o quello massimo)
3. Controllate la data, non solo il numero di recensioni. Quanto un prodotto è popolare e quanto recente è la sua ultima recensione sono entrambi indicatori di qualità.
4. Leggete le recensioni scritte, non fermatevi alle stelline. Le spiegazioni di quelle a una e due stelle in particolare possono aiutarvi a scegliere.
5. Fate il log-in. Alcune app quando vi riconoscono potrebbero offrirvi un rating personalizzato, che vi aiuterà a scegliere con consapevolezza.
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