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Botta e risposta tra Airbnb e Federalberghi sui numeri della sharing economy. Il portale nato a San Francisco ha aspettato qualche giorno a replicare allo studio dell’associazione albergatori presentato in occasione della convention di Rapallo e condotto in collaborazione con Incipit Consulting per smentire alcune delle più diffuse convinzioni sui presunti benefici del business degli affitti brevi online. Ma poi ha a sua volta pubblicato una serie di dati volti a dimostrare quanto la propria attività sia in realtà una risorsa per il paese. In particolare, considerando anche l’indotto, l’impatto economico complessivo di Airbnb nel 2016 in Italia sarebbe stato di 4,1 miliardi di euro. Gli host (ossia chi affitta stanze e/o appartamenti) della Penisola sarebbero oltre 121 mila e genererebbero un totale di 621 milioni di euro in locazioni. Sempre secondo il portale, l’affittuario medio tricolore metterebbe a disposizione il proprio alloggio per appena 23 giorni all’anno, guadagnando complessivamente circa 2.200 euro. «In larga parte – sostiene ancora Airbnb – questi ricavi hanno permesso agli italiani di integrare il loro reddito e mantenere la proprietà delle loro case».
Tutti numeri che tuttavia scontano una buona dose di auto-referenzialità, in quanto rilasciati dallo stesso portale. Ma secondo il direttore generale di Federalberghi, Alessandro Nucara, le cifre di Airbnb sarebbero anche contraddittorie: «Se per esempio ciascuno dei 121 mila host italiani guadagnasse effettivamente 2.200 euro all’anno come dice Airbnb, il giro d’affari complessivo sarebbe di 266 milioni di euro e non di 621 milioni». Non solo: all’associazione degli albergatori risulta che i contribuenti italiani ufficialmente titolari di redditi da locazione breve sarebbero circa 33 mila: «E quindi il noto portale ne ospita quasi 90 mila che evidentemente dimenticano di pagare le tasse».
A supporto di Federalberghi, arrivano inoltre anche alcuni numeri su Roma pubblicati da La Repubblica da un’elaborazione di Murray Cox: un ricercatore indipendente noto soprattutto a livello internazionale per il suo progetto Inside Airbnb che, tramite l’analisi dei dati liberamente consultabili, mira a dimostrare gli effetti negativi della cosiddetta economia della condivisione. Nella Capitale, in particolare, lo scorso maggio ci sarebbero stati 25.275 annunci disponibili sul portale. E il 60,1% di questi si sarebbe riferito ad appartamenti interi. La metà dell’offerta si sarebbe inoltre concentrata nel centro della città. Sempre secondo Cox, gli alloggi a Roma verrebbero affittati per una media di 78 giorni all’anno, a un prezzo medio di 90 euro a notte, garantendo ai proprietari un reddito di 511 euro mensili. Non solo: ben il 60,7% dell’offerta capitolina su Airbnb sarebbe inclusa in annunci multipli pubblicati da un singolo host. Infine, il Sole 24 Ore ha anche ricordato in suo recente articolo come il portale nel 2015 abbia pagato all’erario tricolore appena 45.755 euro di tasse. E ciò nonostante l’Italia sia attualmente il terzo mercato globale per importanza di Airbnb.