lunedì, Dicembre 30, 2024

Sister Act, cinque motivi per farne una serie tv

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Una cantante di Las Vegas che, per sfuggire al fidanzato gangster che vuole ucciderla per aver assistito a un omicidio, si finge suora e riporta in vita il coro del convento: sembra una storia troppo assurda per essere portata al cinema, eppure il 29 maggio 1992 Sister Act debuttò nelle sale americane. E fu anche un successo fenomenale, guadagnando 231 milioni di dollari e dando origine a un sequel l’anno successivo e a un musical a partire dal 2009.

Molto del successo fu merito sicuramente della protagonista Whoopi Goldberg che, dopo Il colore viola e Ghost (per cui vinse l’Oscar nel 1990), interpretò il doppio ruolo di Deloris Van Cartier e Suor Maria Claretta, anche se la parte era stata originariamente pensata per Bette Midler. La storia era ispirata in parte a Madre Dolores Hart — ex attrice e cantante al fianco di Elvis Presley che aveva a un certo punto preso i voti — e fu trasformata in una commedia musicale che fondeva colonna sonora irresistibile e comicità per famiglie, divenendo subito un classico per quelli nati nella seconda metà anni Ottanta.

A distanza di venticinque anni, con le numerosissime repliche in tv e il musical che gira ancora tutto il mondo, c’è chi vorrebbe fortissimamente il ritorno di Sister Act anche, perché no, in versione seriale. Vediamo alcuni dei motivi a sostegno del progetto.

1. Niente è come l’originale

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In un paese di santi e navigatori come il nostro non stupisce il successo delle fiction televisive a tema religioso, Don Matteo in primis. Ma anche le suore, proprio sulla scia di Sister Act, sono state al centro di tentativi d’imitazione più o meno riusciti: come Dio vede e provvede del 1996, con Angela Finocchiaro che era un’ex prostituta divenuta suora, oppure il più recente Che Dio ci aiuti, in cui Elena Sofia Ricci, prima di indossare il velo, era stata in carcere.

Ma niente può essere come le atmosfere del convento di Saint Katherine a San Francisco.

2. La colonna sonora era straordinaria

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Il successo di questa commedia musicale fu garantito anche dal geniale mix musicale fra hit classiche della Motown e brani tipici del gospel cristiano. Ne nacque quasi un genere nuovo composto da inni contemporanei e la colonna sonora ufficiale del film, uscita sempre nel 1992, riuscì a raggiungere la posizione 40 della Billboard e rimanere in classifica per ben 54 settimane.

Con brani che spaziavano da Rescue me di Fontella Bass a Hail Holy Grace (il Salve Regina), da My Guy divenuto per l’occasione My God fino a Shout degli Isley Brothers, difficile resistere a questo ritmo. E con il recente successo di serie musicali come Crazy Ex Girlfriend, l’attenzione è garantita.

3. Aveva un cast stellare

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Improbabile che in una eventuale trasposizione televisiva torneranno tutte le protagoniste del film originale, eppure è bello ricordare come il cast fosse davvero stellare. Nella pellicola, la chimica (ma anche le scintille) vennero sicuramente dall’accoppiata fra Goldberg e la grandissima Maggie Smith, di recente vista in Downton Abbey.

Altre attrici in abito monacale che fecero la storia del film furono Kathy Ann Najimy (già vista in Hocus Pocus) e Wendy Makkena; il fidanzato gangster era invece Harvey Keitel. In Sister Act 2 fecero la loro comparsa poi Lauren Hyll e Jennifer Love Lewitt.

4. Fu un inno alla diversità

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L’inizio degli anni Novanta era un’epoca decisamente differente rispetto a quella attuale per quanto riguarda la rappresentazione della diversità sul grande schermo. Scegliere dunque un’attrice di colore come Goldberg per un ruolo rivolto al pubblico familiare (e originalmente pensato per un’attrice bianca), fu una scelta piuttosto coraggiosa. E lo testimonia il fatto che, mentre nel primo film Goldberg si cimentò con un cast principalmente bianco, nel secondo si aggiunsero parecchi attori afroamericani.

Negli anni, poi, Sister Act si ritagliò uno spazio come film che in tutto e per tutto difendeva e promuoveva la diversità nei media, divenendo anche un titolo favorito dalla comunità Lgbt, in quanto rappresentava metaforicamente il percorso di travestimento, coscienza di sé e svelamento tipico della consapevolezza omosessuale.

Nel panorama televisivo attuale ovviamente non sarebbe l’unico a fare della diversity una propria caratteristica principale, ma potrebbe comunque continuare a rompere parecchi tabù.

5. O meglio un terzo film?

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La serie tv andrebbe benissimo, ma se arrivasse invece Sister Act 3 i fan sarebbero altrettanto contenti. Come lo sarebbe la stessa Whoopi Goldberg, la quale proprio in occasione del venticinquennale ha dichiarato a Entertainment weekly: “Sarebbe una bomba fare un terzo film. Mi divertirei molto, perché è una cosa che conosco molto bene”. Anche se non nasconde qualche dubbio: “Non so però se mi chiamerebbero di nuovo, probabilmente no. Chiameranno qualcuna di più giovane, anche se dovrebbero decisamente chiamare me”.

Di un terzo capitolo della serie si rumoreggia ormai da più di un decennio, ma chissà che le celebrazioni di questi 25 anni non spingano la Disney, detentrice dei diritti, a rilanciare questa franchise come sta succedendo per tanti altri titoli cult.

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