sabato, Dicembre 21, 2024

Perché la NASA ha deciso di far “suonare” un buco nero

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La NASA è riuscita a far “suonare” un buco nero convertendo i dati astronomici delle onde di pressione emesse dal corpo celeste in onde sonore percepibili dall’orecchio umano. Come è noto, nello spazio il suono non riesce a propagarsi e pertanto è impossibile registrare onde sonore come se fossimo in uno studio di registrazione, ma questo non ha fermato i ricercatori della NASA che hanno provato a convertire i dati a loro disposizione aumentando a dismisura la frequenza delle note raccolte (all’incirca di un quadrilione di volte) per riuscire a sintetizzare un’onda sonora ascoltabile. 

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Com’è la voce dei un buco nero

Il punto di partenza è stato il buco nero che provoca le increspature di gas caldo dell’ammasso di galassie di Perseo, distante oltre 240 milioni di anni luce dal nostro pianeta. Ipotizzando che questo fenomeno sia dovuto alle fasi di formazione delle stelle, si è partiti dal presupposto che potesse essere fonte di  esplosioni e rumori costanti che potevano essere tradotti più facilmente per l’ascolto. Utilizzando il telescopio orbitale Chandra, la NASA è riuscita ad ascoltare la “voce” di un buco nero con un risultato abbastanza inquietante e lontano dai suoni soft e ovattati a cui ci hanno abituato (falsamente) i film di fantascienza.  

Musica celestiale

«L’errata convinzione che non ci sia suono nello spazio deriva dal fatto che gran parte dello spazio è essenzialmente vuoto, quindi non dispone di un mezzo in grado di propagare le onde sonore» si legge nel comunicato stampa della NASA tutto dedicato al suono dei buchi neri. Il tentativo dell’ente spaziale statunitense non è una novità assoluta, considerando che esiste un intero database di musica proveniente dagli oggetti celesti che coprono fino a 400 anni luce grazie al lavoro dei telescopi Hubble, Spitzer e Chandra, ma il suono registrato da Perseo è la prima traduzione in vere e proprie onde sonore della storia. L’obiettivo è avere più dati a disposizione per comprendere un campo gravitazionale intenso come quello di un buco nero e sperare di riuscire così ad avere un quadro più chiaro su uno dei corpi celesti di cui sappiamo ancora ben poco.  

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