giovedì, Gennaio 2, 2025

Jesse Eisenberg fatica a convincere con il suo primo film  da regista

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A pochi giorni dall’inizio di Cannes 75, era già emerso un tema forte in Coupez! di Michel Hazanavicius e When You Finish Saving The World, battesimo di Jesse Eisenberg (indimenticabile Mark Zuckerberg di The Social Network) come regista, la questione del fare figli e della difficoltà di comunicazione tra due generazioni viene posta in modo evidente. Nel primo, Romain Duris, trasformato in un mediocre regista la cui fiamma per il cinema si è affievolita, vede la figlia (Simone Hazanavicius) seguire la sua direzione senza però incoraggiarla pienamente; nel secondo, una madre (Julianne Moore) e suo figlio (Finn Wolfhard) sono due persone inconciliabili il cui unico punto in comune sembra essere il narcisismo che li alimenta.

Presentato come film d’apertura della Settimana della Critica al Festival di Cannes, When You Finish Saving The World è una dramedy che mescola riflessioni sulla società contemporanea (l’ossessione per la popolarità su Internet e i primi passi frenetici e infuocati dei giovani nell’attivismo) con considerazioni più intime su due individui il cui desiderio di fare del bene intorno a loro sembra sempre egoistico, voluto principalmente per esaltare le loro personalità. 
Il personaggio di Julianne Moore gestisce un rifugio per donne maltrattate. Matriarca rigida e sconvolta, incontra sul posto di lavoro una madre e un figlio che la sconvolgeranno. Fa tutto il possibile per aiutarli, fino al punto di lasciare che le sue emozioni abbiano la meglio su di lei.

Scritto e diretto da Jesse Eisenberg, When You Finish Saving The World è uno di quei primi film che vorremmo difendere per la loro particolare volontà di sondare la contemporaneità, ma di cui conserviamo soprattutto la pesantezza e la passività con cui i temi portanti vengono affrontati. Dopo una prima mezz’ora intrigante, il film dà l’impressione di sacrificare le sue carte migliori per dedicarsi solo allo studio del comportamento – spesso detestabile – dei suoi due protagonisti. Questo è sufficiente a suscitare risate di scherno e sospiri angosciati, ma niente di veramente rilevante. Una volta che l’egocentrismo dei personaggi viene rivelato nel corso di una scena (importante ma senza conseguenze), la sceneggiatura subisce un crollo creativo da cui non si riprende più.

Sebbene si possano ritrovare alcuni tratti di Jesse Eisenberg (una velocità di parola molto sostenuta e alcune eccentricità linguistiche) nelle interpretazioni di Finn Wolfhard e Julianne Moore, entrambi molto accurati nel restituire stupidità e cinismo della coppia madre-figlio, il film lascia la forte impressione di girare a vuoto e di non offrire nulla di originale. Ci sono alcune scene forti qua e là, come la lettura appassionata di una poesia a una festa per giovani rivoluzionari, e alcune battute che inevitabilmente colpiscono nel segno. Ma non c’è nulla che permetta al film di essere qualcosa di diverso dall’ennesima commedia indipendente americana, intrisa di una leggiadria del tutto innocua, mai profonda come vorrebbe essere. Probabilmente ci aspettavamo troppo da un attore che è riuscito, a volte, a incantarci con proposte emozionanti e, per il momento, del tutto singolari.

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