giovedì, Gennaio 2, 2025

L'Italia chiude un occhio sulle telecamere cinesi negli uffici pubblici

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Un confronto tra le schede tecniche di prodotti Jbf (a sinistra) e Dahua (a destra)

Totaro spiega che non è stato semplicemente rimosso il logo di Dahua per mettere quello di Jbf. “Questa non è una cosa che nasce cambiando il logo, perché cambiare logo è una cosa abbastanza semplice – dice il manager -. Ma prendere l’hardware, cambiare funzionalità, far certificare in autonomia il firmware con delle linee guida date da noi e dei test fatti da aziende esterne è un percorso completamente diverso”. L’obiettivo, spiega il numero uno di Dahua Italia, è che gli acquirenti “siano autonomi” e che il prodotto “non sia riconducibile a Dahua”. “Ci è stato imposto di cambiare anche il meta-address – aggiunge Totaro -, perché non deve essere facilmente riconoscibile da noi. Qualsiasi tecnico con il meta-address su una rete locale può identificare gli apparati, capire di quale produttore sono e quindi modificarli o fare degli attacchi”.

Un confronto tra le schede tecniche di prodotti Jbf  e Dahua

Un confronto tra le schede tecniche di prodotti Jbf (a sinistra) e Dahua (a destra)

Dalle telecamere ai barbecue

Con quattro dipendenti e un capitale versato di 10mila euro, Jbf risulta di proprietà al 50% di Joris e Jacopo Ganz, figli di Valentino Ganz, che presiede Asit, società che dal 1984 lavora nell’ambito dei servizi di rete anche con i grandi operatori, come Tim e Fastweb, e che oggi, come ha detto lo stesso fondatore a Wired a margine dell’incontro di Dahua Italia all’Autodromo di Monza, opera solo con l’azienda cinese. Il codice fiscale dell’azienda rivela anche attività lontane dalle edge technologies: allo stesso indirizzo tributario risulta la Hot Wild Barbecue, rivendita di prodotti per la cottura di carni, il cui sito web era accessibile fino a qualche mese fa. Successivamente rimosso, tra febbraio e la pubblicazione di questo articolo, ha lasciato traccia sul web, dove i suoi prodotti sono ancora indicizzati dai motori di ricerca.

In sostanza, stando all’intesa, Dahua produce l’hardware con il marchio del partner. Una pratica comune anche per altri produttori, specie dalla Cina. Per quanto riguarda il firmware, le funzioni core non si toccano, “perché è il patrimonio tecnico di Dahua, che non vedrà mai nessuno, anche perché c’è l’intelligenza artificiale”, dice Totaro, mentre la personalizzazione avviene a livello del kernel, “il sistema operativo degli apparati stand alone che li attiva”, spiega il manager, “e che è la parte attaccabile”. I partner si impegnano a fare penetration test autonomi, che poi sono tenuti a mostrare a Dahua, che a sua volta può fare i propri. “Noi ci avvaliamo di poter fare anche un test da parte nostra, perché in nessun modo nessuno potrà mai attaccarci per problemi tecnici. Possono farlo per problemi ideologici”, rivendica Totaro.

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