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La notifica è balenata nella mia visione periferica mentre sfrecciavo per le strade di Baku in una monoposto di Formula 1, passando davanti ai monumenti e ai minareti della capitale dell’Azerbaijan, alle bandiere del paese e ai cartelloni pubblicitari, tutti sfocati a regola d’arte.
“SCToken sbloccato“, recitava la notifica. Non avevo la minima idea di cosa significasse. Avevo scaricato F1 22 – l’ultimo capitolo di una lunga serie di videogiochi di simulazione sportiva con cui mi cimento saltuariamente da decenni – senza approfondire le nuove funzionalità del titolo dedicato alla Formula 1. Ho immaginato che il messaggio criptico avesse in qualche modo a che fare con la blockchain. Per quanto tu possa andare veloce – ho pensato – non puoi sfuggire agli Nft.
In realtà, il messaggio segnava il mio ingresso in quella che gli sviluppatori del gioco hanno ribattezzato la “F1® Life”. Non si tratta di Nft, bensì di tradizionali elementi sbloccabili all’interno del gioco, che si possono ottenere solo grazie alle proprie abilità o pagando con soldi reali (che vengono convertiti in “PitCoin”, la valuta in-game di F1 22). Anche se inizialmente sono rimasto spiazzato, più ci pensavo e più la cosa iniziava ad avere un suo senso; come sport: la Formula 1 è sempre stata in balia degli interessi commerciali, ed era naturale che il suo videogioco ufficiale facesse la stessa fine.
F1® Life
Per i miei sforzi – che sono consistiti principalmente nel guidare a tutta velocità in una serie di paesaggi diversi – sono stato ricompensato con un token che mi ha permesso di sbloccare una supercar per lo showroom virtuale del mio avatar. Ce ne sono otto tra cui scegliere: McLaren, Ferrari e Aston Martin, modelli, in varie tonalità neon che potrebbero scatenare una crisi epilettica. Sono il tipo di auto che si vede nei video di YouTube girati con una GoPro montata su un selfie stick tenuto troppo in basso, o che i piloti di Formula 1 potrebbero guidare tra un impegno con un sponsor e l’altro.
Le richieste di “F1® Life” sono molte e variegate. Un garage virtuale richiede un appartamento – un buco minimalista – e un guardaroba virtuale, che vanno poi personalizzati. Si può scegliere tra un arredamento anonimo e opere d’arte astratte, oppure creare un pilota a propria immagine e somiglianza e agghindarlo con cuffie Beats e leisure wear di marca (ci sono migliaia di combinazioni possibili, eppure in un modo o nell’altro tutti i piloti finiscono per assomigliare a un influencer di criptovalute su Instagram in volo per Dubai, richiamando con incredibile precisione l’estetica della F1). Si possono anche invitare amici e sconosciuti nel proprio appartamento virtuale per ammirare la propria gamma di prodotti brandizzati o con licenza ufficiale : un’anteprima inquietante di cosa è destinato a diventare il metaverso.
Le microtransazioni e le skin inutili non sono una novità, ma di solito sono inserite con po’ più di impegno nei giochi. Al di là di qualche occasione limitata durante la stagione dove è possibile di guidare le supercar in pista (come la sfida Pirelli Hot Laps), sono pochi i casi in cui i PitCoin hanno un impatto a livello pratico o anche solo visivo all’interno dell’esperienza di gioco.
I punti di forza del gioco
I fan della serie potrebbero attribuire la colpa a Codemasters, lo casa sviluppatrice del gioco che è stata recentemente acquisito da Ea, i re indiscussi delle strategie spregiudicate per monetizzare i titoli. Le recensioni sostengono che questo sia l’unico aspetto negativo di un gioco altrimenti solido, visivamente accattivante, e gratificante, che riesce nella rara impresa di risultare accessibile ai nuovi arrivati senza alienare i fan più accaniti, grazie a una vasta gamma di impostazioni di difficoltà e assistenza personalizzabili. È possibile attivare tutte le funzioni e farsi guidare dolcemente verso la vittoria con la stessa facilità con cui si farebbe un giro del proprio isolato, oppure disattivare tutto e sbattere contro il retro dell’auto di Yuki Tsunoda quando non si azzecca il punto di frenata alla prima curva (con tutte le opzioni nel mezzo).
Fedeltà eccessiva?
È probabile che “F1® Life” non faccia altro che aumentare la verosimiglianza della simulazione. La Formula 1 ha spesso legato la propria popolarità tanto al circo che la circonda quanto allo sport in sé. L’elemento umano è stato ciò che ha reso lo sport così avvincente negli anni Settanta, grazie alla rivalità tra Niki Lauda e James Hunt (portata al cinema da Rush), e tanto noiosa durante i quattro anni di dominio di Sebastian Vettel negli anni Dieci. È per questo che lo sport ha vissuto una rinascita dopo l’uscita della serie Drive to Survive su Netflix, che mette in primo piano proprio le rivalità personali. “F1® Life” riesce a restituire in qualche modo questo aspetto, anche se forse non come avevano immaginato gli sviluppatori: invece di aggiungere un tocco di glamour, la modalità integra all’interno del gioco il consumismo vuoto che circonda (e finanzia) lo sport.