giovedì, Gennaio 2, 2025

Groenlandia, in mezzo al nulla nasce ristorante di lusso: è il 2 stelle Michelin più a nord di sempre

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In Groenlandia, da inizio estate, c’è un ristorante (bi)stellato Michelin. Si trova a Ilimanaq, villaggio di poco più di 50 anime situato sulla costa occidentale dell’isola, sulla sponda meridionale dell’estuario della Disko Bay, il canale-fiordo-canyon – celebre – finché dura – per gli iceberg di cui è disseminato, addobbo ideale di un paesaggio tra i più spettacolari ed estremi della Terra.

Un angolo del pianeta che più lontano dalla “civiltà” non si può. Per sintetizzare, Ilimanaq è una frazione che giace a una decina di chilometri dal suo comune capoluogo, Ilulissat. Posti sulle estremità opposte della baia, i due centri abitati sono collegati, ma solo d’estate, con un battello-shuttle, che impiega una cinquantina di minuti da una sponda all’altra. Forte dei suoi 450 abitanti, Ilulissat amministra Avannaata, una “città” di 10 mila abitanti che occupa l’intero quarto nord-occidentale della più grande isola del mondo: diecimila anime disseminate in 520 mila chilometri quadrati, un’area che supera quella di Italia, Svizzera, Austria e Ungheria messe assieme. Da fine giugno, in questo lembo remoto dell’emisfero Nord troviamo il ristorante 2 stelle Michelin che può a buon diritto definirsi il più settentrionale esistente e mai esistito, nonché l’unico –  Google Maps recita oltre 69 gradi di latitudine Nord – nell’Artico.

Può sembrare incredibile che in un luogo tanto selvaggio ci possa essere qualcuno disposto a spendere i 280 euro (2.100 corone locali), bevande e vini esclusi, che si pagano mediamente per un menu à la carte di Koks – questo il nome del locale – ma tant’è. Complici il riscaldamento globale, che da un lato ha reso l’Artico sempre più accessibile, e dall’altro sta indirizzando molti degli amanti del viaggio a soggetto naturalistico verso un ambiente in rapida estinzione, e la sindrome da revenge tourism, che si traduce in desiderio collettivo di resettare due anni abbondanti di vincoli e restrizioni da pandemia, l’isola dell’estremo nord atlantico capitalizza il crescente interesse di un pubblico che già da qualche anno aveva cominciato ad arrivare anche con le grandi da crociera, sia dall’America che dall’Europa, e che sta riprendendo a farlo. Senza contare che la Groenlandia, nel suo status di nazione costitutiva del Regno di Danimarca, costituisce – a modo suo – una meta di turismo di prossimità non solo per i danesi e per i faroesi, ma per l’intera comunità dei Paesi scandinavi e nordici, che avevano abbattuto i rispettivi confini indipendentemente e in vari casi in anticipo rispetto alla Ue: turisti che potrebbero trovare più semplice, comodo ed esente da incognite (cancellazioni da malattia improvvisa o da cambi di normativa su espatrio/rimpatrio , quarantene all’estero..) un viaggio nel mezzo dell’Atlantico rispetto a una discesa verso le mete balneari mediterranee.

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(afp)

Tutto questo però non si sarebbe molto probabilmente potuto realizzare, o comunque non così presto, senza una sequenza di sliding doors, una concatenazione di eventi dove dalla catena di imprevisti e dalla conseguente necessità di porvi rimedio scaturisce il lampo di genio che dirotta verso la Disko Bay il celebrato e stellato chef faroese Poul Andrias Ziska. Trentadue anni, insignito della prima stella Michelin dal 2017, della seconda dal 2019, Ziska poteva già fregiarsi, nelle sue Faroe, come titolare del ristorante stellato più remoto del mondo. Situato a soli 25 km dalla capitale Torshavn, nella stessa isola maggiore di Streymoy, ma in un’area di aperta campagna, in una casa del 1.600 con il tipico tetto ricoperto di erba, il Koks originale stentava ormai a gestire le richieste di clienti sempre più numerosi vuoi per meriti diretti del locale, vuoi per la continua crescita – almeno fino a tutto il 2019 dei flussi turistici indirizzati verso l’arcipelago. Da qui la necessità di ripensare il sito, che, complice la relativa stagnazione da stagione Covid e la ripresa che ancora tardava ad arrivare, ha chiuso i battenti, a fine 2021, per riaprire nel 2024, quando, è l’auspicio, le restrizioni ai viaggi e alla capienza massima dei locali saranno un ricordo, in un’altra sede, sulla costa occidentale di Streymoy. Per utilizzare almeno in parte il tempo perduto, Ziska, e il proprietario Johannes Jensen hanno però estratto l’asso dalla manica: l’idea di trasferire temporaneamente il business – e le annesse stelle – creando una struttura giocoforza stagionale, aperta da fine giugno a metà settembre e non oltre, causa gelo e carenza di clienti. Koks Ilimanaq sarà sicuramente operativo quest’estate e la prossima. L’auspicio dei creatori è che l’esperienza possa proseguire anche dal 2024, quando il grosso delle risorse tecniche e umane avrà fatto ritorno alle Faroe.

Assemblato all’interno di una casa in legno nera, che in sintonia con l’originale è una delle più antiche della Groenlandia – il locale dà lavoro a una trentina di persone, un numero quasi capace di raddoppiare la popolazione di Ilimanaq, balzata all’improvviso da 56 a 85 unità. Koks non può strutturalmente servire più di 20 persone alla volta: un’aura che accentua l’effetto di esperienza fuori dal mondo e dal tempo, con l’accessibilità non proprio facile – si arriva solo in barca o in elicottero – a enfatizzare il tutto. Ziska, che dalla Groenlandia conferma di avere tutte le intenzioni di fare ritorno a casa, racconta di aver sempre sognato di affiancare al ristorante-madre un altro sito, in uno dei territori remoti dell’estremo Nord: ha pensato anche all’Islanda e alle Svalbard, prima di optare per la Groenlandia, e in particolare all’area di Ilulissat, celebre per l’immenso ghiacciaio che la sovrasta.

Salmone groenlandese selvatico con uva spina fermentata, una delle proposte di Koks Groenlandia

Salmone groenlandese selvatico con uva spina fermentata, una delle proposte di Koks Groenlandia

Salmone groenlandese selvatico con uva spina fermentata, una delle proposte di Koks Groenlandia (afp)

Il menu propone venti piatti. Il tutto, secondo quanto racconta un cliente ad Afp, si rivela “un menu squisito che è come un viaggio di andata e ritorno nel Grande Nord”. Per la stagione 2022, è già praticamente impossibile riuscire a prenotare un tavolo. Ci sono il bue muschiato, l’halibut, il granchio delle nevi, la pernice, senza contare i prodotti della terra. Insomma, le specialità offerte dalla natura locale ci sono tutte, ma proprio tutte. Compresa la balena. Particolare questo che inevitabilmente scandalizza i più, ma che a freddo non può stupire più di tanto: le portate a base di carne o grasso di cetaceo non mancavano neppure nel menu del Koks originale faroese, sin da quando sono arrivate sia la prima che la seconda stella Michelin. È la filosofia km-zero (in senso lato viste le distanze interne dell’isola) eretta a necessità e virtù, per qualcuno, a infima scusa per altri, con riferimento alla caccia ai grandi mammiferi marini che i Paesi nordici atlantici – non solo Groenlandia e Faroe, ma anche Islanda e la stessa Norvegia, non vogliono abbandonare, nonostante la condanna della comunità internazionale.

Cinquanta persone, che vivono in case di legno, tra sentieri ideali per lunghe camminate e… un hotel di lusso. Questa è la Ilimanaq dove è sbarcato Koks, che, racconta lo chef, ha una clientela diversa da quella dell’originale faroese. “Qui arrivano persone la cui priorità è visitare la Groenlandia, e che in seconda battuta si interessano al ristorante – racconta Ziska – alle Faroe accade più spesso il contrario”.

La conferma della bontà dell’idea del cuoco nordico arriva dall’ufficio del turismo locale, secondo cui l’iniziativa è una grande opportunità: turisti gourmet che si aggiungono a quelli in cerca di natura ed estremo. “La combinazione unica di una gastronomia di alto livello, della sua sostenibilità, frutto della grande abbondanza di materia prima nel Nord Atlantico, e della natura delle risorse caratterisitiche della Disko Bay corrispondono a quello che cerchiamo per attirare un certo tipo di visitatore”,  ha detto il direttore di Visit Greenland, Hjörtur Smßrason, sin dai tempi dell’annuncio dello sbarco di Koks. Destinazione a lungo misconosciuta anche perché tenuta dalla sua stessa posizione fuori dalle rotte del turismo internazionale, l’isola ha accolto nel fatidico 2019 oltre 100 mila turisti stranieri, più del doppio della sua popolazione.

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(afp)
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