giovedì, Dicembre 26, 2024

Bakayoko dice la sua sulla perquisizione subita a Milano

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Tiémoué Bakayoko, il centrocampista del Milan sottoposto a perquisizione in mezzo alla strada a Milano, ha pubblicato un lungo video nelle sue storie Instagram in cui si rivolge direttamente alla Questura del capoluogo lombardo per rispondere alle dichiarazioni rilasciate a seguito del suo fermo. Secondo il calciatore, le modalità dell’intervento sono state problematiche e che le cose sarebbero potute andare molto male se non avesse mantenuto la calma e se non fosse stato per il suo nome e per il suo lavoro.

“La questura milanese ha detto di aver fatto un errore. Gli errori sono umani e non ho alcun problema riguardo a questo. Invece ho un problema con la modalità e la maniera in cui è stato compiuto il fermo”, ha detto Bakayoko in francese. Il calciatore ha continuato l’intervento chiedendosi come mai gli agenti non abbiano potuto semplicemente fermare l’auto su cui viaggiava, controllare i documenti e comunicare con lui, invece che puntargli una pistola al volto mettendo in pericolo la sua vita.

Tra le altre cose, Bakayoko ha affermato che nel video diffuso sui social “non c’è tutto quello che è successo durante l’intervento della polizia, ma solo la parte più tranquilla. Mentre, secondo le sue parole, il resto dell’azione sarebbe stata “violenta”. In particolare poi si chiede su quali basi gli agenti avrebbero identificato lui e l’altro occupante del veicolo come sospetti, dato che non erano state fornite descrizioni precise.

Infatti, secondo quanto riferito dalla questura di Milano, l’intervento delle forze dell’ordine sarebbe avvenuto perché gli agenti cercavano due persone nere su un suv scuro di cui uno con la maglietta verde, ricollegabili a una “rissa tra nordafricani”, in cui si sarebbero sentiti “colpi di pistola”, cosa poi smentita dalla polizia stessa. Nessun altro dettaglio, relativo all’altezza o alla conformazione del volto o al tipo di auto, ma per la polizia “Bakayoko e l’altro passeggero corrispondevano perfettamente, per un caso, alla descrizione.

Per questo viene da chiedersi, come ha fatto Bakayoko, se una descrizione del genere possa essere davvero utile al riconoscimento degli autori di un qualsiasi presunto reato e su che basi gli agenti abbiano agito in maniera così violenta e decisa. Come sottolineato dall’Agenzia europea per i diritti umani “la profilazione discriminatoria da parte della polizia è una pratica comune” in Europa. Non avviene certo con la stessa sistematicità e con la stessa violenza con cui è attuata negli Stati Uniti, ma non è certo un problema che non ci riguarda. La vicenda di Bakayoko, come sottolinea lo stesso calciatore, “dà molto da pensare”, soprattutto per come sarebbero potute andare le cose se la persona coinvolta non avesse avuto un nome famoso e riconoscibile.

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