Questo articolo è stato pubblicato da questo sito
Nel documentario compaiono almeno dieci esperti di spazio che si dicono favorevoli al cambio di nome del Jwst. Aggiornare il nome del telescopio “aiuterebbe a far passare il messaggio che la Nasa attualmente non accetta lo stesso tipo di intolleranza che era diffusa negli anni Cinquanta, Sessanta e Settanta”, spiega nel documentario Tessa Fisher, astronoma dell’Arizona State University. “Penso che si possa fare di meglio che dare il nome di una persona che ha partecipato alla Guerra fredda a uno strumento scientifico che può rispondere a domande che interessano il mondo intero“, sostiene la scrittrice e storica dello spazio Audra Wolfe.
Le pressioni della comunità lgbt
Negli ultimi vent’anni – con l’eccezione della missione attuale – la Nasa ha permesso ai cittadini di suggerire i nomi dei veicoli spaziali e dei rover Anche prima che generasse le attuali polemiche, il processo che ha portato alla denominazione del telescopio – che inizialmente era stato ribattezzato Next Generation Space Telescope – si era dimostrato quantomeno irrituale. In genere i funzionari della Nasa assegnano il nome ai telescopi spaziali in prossimità del lancio dedicandoli ad astronomi di spicco, come successo con i telescopi Hubble, Spitzer, Chandra e Compton. Nel caso del Jwst, tuttavia, l’ex capo della Nasa Sean O’Keefe ha annunciato che il nuovo strumento sarebbe stato intitolato a Webb – un burocrate che guidò l’agenzia durante il programma Apollo – vent’anni prima del lancio, per di più senza consultare la comunità astronomica.
Ora la disputa sull’eredità di Webb ha gettato un’ombra sul telescopio omonimo – costato 10 miliardi di dollari – soprattutto tra gli astronomi e gli appassionati di spazio appartenenti alla comunità lgbtq. “Se sei una persona cisgender ed etero che si occupa di astronomia potrebbe non sembrare una questione così personale – spiega Lucianne Walkowicz, astronoma e cofondatrice di JustSpace –. Nel mio caso, invece, ha rovinato l’arrivo delle prime immagini, di cui vorrei essere entusiasta“.
Walkowicz – insieme a tre colleghi – ha chiesto alla Nasa di cambiare il nome del telescopio in una petizione del 2021 firmata da oltre 1.800 astronomi, molti dei quali speravano di utilizzare gli strumenti del telescopio a scopi di ricerca. I promotori della petizione hanno esposto le proprie ragioni in un articolo di Scientific American, pubblicato lo scorso anno. Sui social media, l’autrice principale dell’articolo, l’astronoma della University of New Hampshire Chanda Prescod-Weinstein, aveva sollevato per anni le proprie riserve riguardo alle politiche omofobe in vigore durante il mandato di Webb alla Nasa. Prescod-Weinstein e altri avevano anche sottolineato come Ultima Thule, il nome scelto nel 2018 dall’agenzia per un corpo celeste nella Fascia di Kuiper, avesse connotazioni naziste. L’anno successivo la Nasa ha rinominato il corpo Arrokoth.
Nonostante le proteste, tuttavia, i funzionari della Nasa hanno scelto di non cambiare il nome del telescopio. Nel luglio 2021, l’agenzia ha avviato un’indagine interna, che includeva i documenti successivamente acquisiti da Nature. Nel settembre dello stesso anno, l’attuale amministratore della Nasa Bill Nelson ha rilasciato una dichiarazione di una sola frase a sei giornalisti: “Al momento non abbiamo trovato alcuna prova che giustifichi la modifica del nome del James Webb Space Telescope” (in risposta alla quale, Walkowicz si è dimessa dal comitato consultivo astrofisico della Nasa). All’epoca, l’agenzia non concesse interviste e non rilasciò ulteriori informazioni. Gli addetti stampa della Nasa hanno rifiutato di commentare con Wired US il documentario o le politiche dell’agenzia relativamente alla denominazione dei telescopi spaziali.