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La protesta dei turisti a Machu Picchu. Da un paio di giorni, un migliaio di persone, provenienti tra l’altro da Cile, Colombia, Spagna e Francia, sfilano per le strade del centro urbano che fa da campo base per chi da Cusco si approssima alla cittadella inca, a cui non hanno ottenuto l’accesso per “tutto esaurito”. Il sito, infatti, è tra i primi ad aver adottato la politica del numero chiuso, sin dalla metà degli anni dieci, per contrastare la crescita esponenziale dei flussi, tali – negli ultimi anni pre pandemia, da mettere a repentaglio la conservazione dell’area.
Provvedimenti adottati a più riprese e con un crescendo di norme e limitazioni – turisti ammessi per fasce orarie limitate, divieto di accesso senza guide – ma comunque insufficienti a fermare la graduale crescita degli accessi, fino agli oltre 1,5 milioni-record, conseguito naturalmente nel 2019. Poi, la pandemia, a ridurre drasticamente gli arrivi: circa 250mila nel 2019, 450mila nel 2021. Gli ultimi mesi dell’anno scorso, però, lasciavano presagire quello che – nel cuore delle Ande come ai piedi del Colosseo, sarebbe avvenuto da lì a poco: a Machu Picchu il revenge tourism ha già riportato numeri e ressa ai livelli pre-Covid, tanto che la stima degli arrivi totali per l’anno in corso è dell’ordine del milione e mezzo.
Conseguenza, il tutto esaurito in un sito dove il conteggio delle ammissioni totali è ulteriormente complicato dalla scelta fatta a monte – l’introduzione di un meccanismo “a quote” che fissa due tetti separati, uno per gli ospiti internazionali-intercontinentali, l’altro per quelli provenienti dal Perù e dagli altri Paesi della Comunità Andina, Bolivia, Colombia, Ecuador e Venezuela. Non di rado accade che – anche solo per banali ragioni di stagionalità – la richiesta degli uni ecceda il limite, mentre quella degli altri è relativamente esigua. Con il risultato che chi prenota, magari in rete – rischia di vedersi respinto con perdite, quando in linea teorica il posto c’è.
Questa è una delle possibili spiegazioni di quanto accaduto in queste ultime ore – con un precedente a maggio: turisti che fanno il tentativo dell’ultima ora, e rischiano di rimanere fuori dai cancelli, magari dopo aver percorso migliaia di chilometri per vedere dal vivo una delle ormai riconosciute meraviglie-top del pianeta. I “manifestanti” hanno esposto le loro ragioni nell’abitato di Aguas-Calientes (Machu Picchu Pueblo), l’insediamento urbano campo-base alle rovine, e per breve hanno bloccato la ferrovia che raggiunge la Llaqta (villaggio-cittadella, così viene chiamato il sito) precolombiana più celebre da Cusco.
Il pienone si materializza non a caso negli ultimi giorni di luglio, quando, da un lato è massimo il flusso di arrivi dai Paesi europei e nordamericani, al culmine dei rispettivi periodi di vacanza estivi, e dall’altro il Perù festeggia – proprio oggi, 28 luglio – l’indipendenza. Inutile il tentativo in extremis del ministero della cultura di Lima, che il 17 luglio scorso ha temporaneamente innalzato la capacità massima giornaliera della cittadella dai 3mila ingressi (già superiori ai 2.200 fissati a suo tempo dall’Unesco) ai 4mila, fino al 31 dicembre. Una deroga che è la massima concessione possibile – si legge sulla nota allora diffusa su Facebook dal dicastero – che “tiene in considerazione la necessità di salvaguardare il sito, evitando danni irreparabili che ne compromettono il suo valore incommensurabile”.
Ieri, il ministero della cultura ha diramato un altra nota, invitando a desistere sia i turisti presenti, che soprattutto quelli, locali e stranieri, che avessero idea di palesarsi alle porte della cittadella inca sprovvisti di biglietto da ora in poi. “Dobbiamo informare che i biglietti per la Llaqta sono completamente esauriti fino al 19 agosto di quest’anno, e che non saranno più venduti, né a Machu Picchu, né attraverso alcuno dei canali ufficiali”. Il ministero ha poi esortato i potenziali ospiti a pianificare l’eventuale visita al sito con largo anticipo. “in modo da non avere spiacevoli sorprese, come quella di scoprire che certe presunte offerte turistiche non esistono nella realtà e da evitare affollamenti come quelli che stanno prendendo corpo in queste ore, conseguenza della disinformazione”.