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L'analisi del terremoto dell'Italia centrale a sei anni dalla tragedia

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Sono passati ormai sei anni da quando il terribile terremoto colpì l’Italia centrale. Era, infatti, la mattina del 24 agosto 2016 quando la terra tremò fortissimo, con una potente scossa che devastò i comuni di Amatrice, Arquata del Tronto (l’epicentro) e Accumoli. E il bilancio fu davvero scioccante: paesi completamente rasi al suolo, centinai di edifici distrutti, migliaia di sfollati e feriti e ben 300 vittime. In occasione dell’anniversario, ecco quindi una breve time-line per ricordare quello che successe in questa tragica giornata di sei anni fa.

Erano esattamente le 3.36 del 24 agosto quando si verificò una scossa di magnitudo 6, con epicentro dalle parti di Accumoli e ipocentro a circa 4 chilometri di profondità. Definita “sequenza sismica Amatrice-Visso-Norcia”, tra le più importanti del secolo, la scossa durò circa 15-20 secondi, anche se a chi si trovava in quelle zone sembrò molto più lunga . Come raccontava il presidente dell’Ingv Carlo Doglioni, “i due minuti abbondanti di cui si è parlato per la scossa di Amatrice sono dovuti al riverbero, anche perché un terremoto del genere di due minuti avrebbe provocato una devastazione totale, poi c’è una componente psicologica perché tutto in quei momenti può sembrare un’eternità”. Ed era solo la prima: poco dopo, infatti, circa un’ora più tardi, arrivò una seconda scossa, questa volta di magnitudo 5,4, con epicentro vicino a Norcia e ipocentro a 8,7 chilometri di profondità. Poi la devastazione, che coinvolse 8mila km quadrati, 140 comuni e circa 600mila persone, mentre lo sciame sismico proseguiva nei giorni successivi, con terremoti anche di magnitudo 4,3. I sismografi, in quei giorni, registrarono oltre mille scosse.

Un terremoto avvenuto in una regione già nota per essere ad altissimo rischio sismico, molto attiva, ricca di faglie, ma talmente potente da deformare la conformazione delle aree colpite. Il sisma, infatti, ha avuto origine da una faglia “anomala”, perché posizionata a pochi chilometri di profondità, situata nelle zone comprese tra Amatrice e Norcia e che passa sotto il comune di Accumuli, proprio dove la placca tettonica africana si incontra con quella euroasiatica. Le scosse di quella giornata, così, hanno addirittura modificato la conformazione di quest’area, provocando un abbassamento del suolo, a forma di cucchiaio, di circa 20 centimetri in corrispondenza di Accumoli. “Si tratta di un piano di frattura lungo circa 25 km che si immerge verso sud ovest (verso Rieti) con una inclinazione di 50 gradi”, spiegava l’esperto Stefano Salvi dell’Ingv. “Tale piano corrisponde ad una faglia in parte già nota da studi geologici di superficie”.

Come raccontano oggi gli esperti dell’Ingv, “in venticinque anni abbiamo assistito a un progressivo sgretolamento di un settore della catena appenninica lungo più di 150 km, da Nocera Umbra a L’Aquila. Sappiamo che la deformazione dell’Appennino è lenta, 2-4 mm/anno di estensione perpendicolare alla catena, che si manifesta con terremoti normali su faglie ovest immergenti, in questo settore centro settentrionale”. Una delle particolarità della sequenza del 2016, continuano gli esperti, è che sullo stesso piano di faglia si è avuto uno spostamento in superficie per entrambi i due eventi principali del 24 agosto e del 30 ottobre (una scossa di magnitudo 6.5, tra Norcia, Preci e Castelsantangelo sul Nera), mentre lo spostamento in profondità è stato ricostruito su porzioni diverse dello stesso sistema. “Sicuramente abbiamo di fronte una mole di dati ancora da analizzare per scoprire con sempre maggior dettaglio la fisica dei terremoti. L’insieme dei dati acquisiti finora ci ha permesso di capire sempre più a fondo come si deforma l’Appennino e come si generano ed evolvono le sequenze sismiche”, conclude Claudio Chiarabba, direttore del Dipartimento Terremoti dell’Ingv. “Studi mirati a riconoscere eventuali processi di innesco, capaci di destabilizzare faglie vicine allo stato critico, e i segnali che possono essere generati o correlati risultano potenzialmente promettenti. Rimane sempre da capire perché un terremoto avviene qui e ora”.

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