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Vediamo cosa prevedono i programmi dei partiti:
- Chi non ne parla
- Il silenzio dei 5 Stelle
- Gli accenni del Pd e Possibile
- Più Europa
- Italia Viva e Azione
- Lega (e i punti della destra)
Chi non ne parla
Non spendono una parola sulla cybersecurity i programmi di Unione popolare (lista guidata dall’ex sindaco di Napoli, Luigi De Magistris), Italexit (che ha al timone il giornalista ex Movimento 5 Stelle Gianluigi Paragone) e l’alleanza tra l’Europa verde di Angelo Bonelli e Sinistra italiana di Nicola Fratoianni.
Il silenzio dei 5 Stelle
Ancora più clamoroso è il silenzio del Movimento 5 Stelle di Giuseppe Conte. Non solo perché i grillini hanno fatto del digitale per anni una bandiera distintiva. Ma anche perché nel 2020 il progetto di Conte, allora presidente del Consiglio, di creare un Istituto per la cybersecurity, antesignano dell’attuale Agenzia per la cybersicurezza nazionale (Acn) varata dall’esecutivo di Mario Draghi, aveva fatto saltare la mosca la naso al Comitato parlamentare che li monitora (Copasir) e ad alcuni partiti di maggioranza. Alla fine il leader di Italia Viva Matteo Renzi era riuscito nell’operazione di far cancellare la creazione dell’ente, che avrebbe collegato servizi segreti e informazioni sulla cybersecurity. L’Acn è stata poi realizzata e avviata dal governo uscente. Forse scottato dall’esperienza, nel suo programma a punti e slogan Conte ha evitato di parlare di sicurezza informatica, persino nel capitolo sulle “tecnologie strategiche per il futuro” dove si usano parole in libertà. Da web3 a metaverso, da robotica ad aerospazio. Alla larga, però, da hacker, malware e ransomware.
Gli accenni del Pd e di Possibile
Neanche il partito guidato da Enrico Letta si spende in verità in impegni concreti sul fronte delle difese informatiche. Qualche accenno di cui può beneficiare l’ambito cyber. L’intenzione di “promuovere un approccio critico al digitale nel ciclo dell’istruzione, a partire dall’educazione civica digitale fino alla digital literacy e all’educazione sull’uso del dato, all’impiego di elementi di informatica di base, alla difesa dalla disinformazione”. Ancora, il riferimento “politiche industriali per lo sviluppo del settore degli asset digitali”. Poi si parla di “moderne tecnologie blockchain offrono” e non è chiaro se il progetto si limiti a queste soltanto, dato che i successivi obiettivi di questo investimento sono “creazione di nuovi lavori altamente qualificati, affrancamento da soluzioni extra-europee in ambiti strategici, protezione e tutela dei diritti dei cittadini”. Infine, nel capitolo sulla giustizia, si propone di “aggiornare il sistema di protezione e tutela dei collaboratori di giustizia assicurando standard di modernità ed efficienza dei sistemi di copertura, oggi messi in pericolo da accessi abusivi ai sistemi informatici sui dati sensibili“. Fossero gli unici in pericolo. Vedi alla voce sanità.
Anche per Possibile, il movimento fondato da Giuseppe Civati, il cruccio è specifico. In materia di sicurezza informatica il partito propone esplicitamente solo di “consolidare il sistema informatico dell’Agenzia delle Entrate che troppo spesso è stato oggetto di attacchi hacker: misure di sicurezza digitale sono indispensabili per renderlo sostenibile nel tempo“. C’è poi l’idea di “un piano generale di alfabetizzazione informatica, come condizione necessaria per lo sviluppo dell’individuo e la crescita della società, finalizzato anche al riconoscimento dei metodi comunicativi che sottostanno alla diffusione delle fake news”, che potrebbe avere ramificazioni anche in ambito cyber.
Più Europa
Il partito di Emma Bonino inquadra il tema della sicurezza informatica nell’ambito delle competenze digitali del pubblico. Nel programma si legge l’auspicio che “le competenze sulla sicurezza digitale diventino diffuse e trasversali a tutti i livelli del personale pubblico e degli utenti dei servizi, potenziando programmi e strutture in materia di cybersecurity per le amministrazioni pubbliche”. Nessun dettaglio sulle risorse da impegnare sul programma.
Italia Viva e Azione
I partiti guidati da Matteo Renzi e Carlo Calenda inquadrano la cybersecurity in un’ottica di mercato. Proteggere gli asset informatici equivale a mettere al sicuro il lavoro delle imprese. Per questo si inquadra la creazione di professionisti del settore attraverso gli istituti tecnici superiori, grazie alle risorse predisposte dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, in ambiti come “5G, banda ultralarga e cybersecurity”, da destinare alle imprese o negli uffici pubblici, “dove gli studenti possono essere inseriti con uno schema di corso-concorso”. In aggiunta, “le forze armate devono incrementare gli investimenti nella formazione continua dei corpi specializzati nella cybersecurity, in pieno valenza anche in ambito civile”.