giovedì, Febbraio 6, 2025

Jeffrey Dahmer, il punto tra storia vera e una serie tv di successo finita (giustamente) nella bufera

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«Io ti odio, Jeffrey Dahmer, ti uccido». È il 13 luglio del 1992. Il giudice della città di Milwaukee, negli Usa, ha appena inflitto 597 anni di carcere al serial killer che terrorizzò lo stato del Wisconsin, sequestrando, stuprando e massacrando diciassette giovani uomini tra il 1978 e il 1991. Davanti alla corte sfilano i parenti delle vittime. Rita Isbell, sorella di Errol Lindsey, sparito e ucciso il 7 aprile 1991, guarda in faccia Jeffrey Dahmer ed esplode: «Il tuo nome è Satana», urla scagliandoglisi contro, «io ti odio, ti uccido».

Trent’anni dopo, questa scena, che è stata ricostruita in una delle dieci puntate della serie tv Netflix Dahmer – Mostro: la storia di Jeffrey Dahmer, è diventata virale sui social network. E Rita, che ha scoperto di essere nella fiction solo il 21 settembre scorso, cioè dopo che la trasmissione è andata in onda, è molto arrabbiata. Così come sono infuriati gli altri familiari delle vittime, anche loro tenuti all’oscuro di tutto. «Non voglio dire a nessuno che cosa guardare in tv», ha fatto sapere Rita Isbell, «so che l’interesse dei media per i true crime è enorme. Ma se davvero volete sapere cosa ne pensano le vittime, la mia famiglia (gli Isbell) è furiosa per questo show che riaccende vecchi traumi ancora e ancora, e per che cosa? Di quanti film, spettacoli, documentari abbiamo bisogno?». 

Dahmer, la docuserie dal successo planetario (nonostante i presupposti opinabili)

Esattamente un mese dopo la messa in onda, con oltre 701,3 milioni di ore totali viste Dahmer, che ricostruisce la vicenda, è diventata la seconda serie più vista di tutti i tempi su Netflix dopo Stranger Things 4. Non è un caso, dunque, se dal 7 ottobre la piattaforma ha messo a disposizione degli abbonati anche un documentario, Conversazioni con un killer: Il caso Dahmer, che ricostruisce le vicende del “cannibale di Milwaukee” attraverso la sua stessa voce registrata in ore e ore di conversazioni con i suoi avvocati.

Contemporaneamente, su Amazon Prime vengono riproposti il meno fortunato film del 2002, Dahmer – Il Cannibale di Milwaukee, con protagonista un giovane e allora semisconosciuto Jeremy Renner, e su Discovery la docu-serie Jeffrey Dahmer: il cannibale di Milwaukee, dove i delitti del serial killer vengono ricostruiti attraverso le registrazioni della sua confessione alla polizia e le testimonianze di chi lo ha conosciuto e dei suoi familiari.

Un (insensato e pericoloso) fascino del macabro contagia anche TikTok

Film, serie tv, documentari: ventotto anni dopo la sua morte, la fama di Jeffrey Dahmer ha surclassato quella di Ted Bundy, fino a qualche mese fa considerato il serial killer per antonomasia, il mostro che tra il 1971 e il 1978 uccise trenta donne in giro per gli Stati Uniti e che si rese protagonista di incredibili evasioni da carceri e tribunali e di un processo spettacolare con tanto di proposta di matrimonio alla sua donna in mondovisione, durante una udienza.

Un fascino macabro, che sta generando fenomeni controversi, come i costumi ispirati al serial killer messi in vendita su Ebay in vista della notte di Halloween, che hanno spinto Shirley Hughes, madre dell’aspirante modello sordomuto Tony Hughes, ucciso il 24 maggio del 1991, alla cui storia è dedicato ampio spazio nella miniserie di Ryan Murphy con protagonista Evan Peters, a scagliarsi contro Ebay: la piattaforma ha subito ritirato le inserzioni.

Storia (vera) di Jeffrey Dahmer, il mostro che non ti aspetti

Ma chi era Jeffrey Dahmer? Perché la sua storia turba o affascina tanta gente? «Forse perché appariva come una persona del tutto normale, il classico ragazzo della porta a accanto, l’assassino che non ti aspetti», spiegano le persone che lo hanno conosciuto nelle due docu-serie.

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