Questo articolo è stato pubblicato da questo sito
Entro il 2050, la calotta polare dell’Artico potrebbe trovarsi senza ghiaccio durante l’estate. È quanto emerge da un nuovo studio condotto dall’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Isac), in collaborazione con l’Istituto di scienze polari (Isp), che ha ricostruito il comportamento della calotta artica al variare della temperatura globale, studiando l’evoluzione dei ghiacci tra 36mila e 44mila anni fa.
Ogni anno il ghiaccio marino dell’Artico attraversa un ciclo stagionale, crescendo in superficie e spessore durante i mesi invernali più freddi, prima di ridursi con l’aumento delle temperature in primavera e in estate, con i minimi che si verificano solitamente a settembre. Da quando sono iniziate le misurazioni satellitari, negli anni ‘70, i dati hanno mostrato un calo record dei livelli minimi dei ghiacci negli ultimi 3 anni.
In base alle rilevazioni dell’Agenzia spaziale europea (Esa), la perdita di ghiaccio dipende proprio dall’aumentare delle temperature, attualmente causata dalle emissioni globali di CO2, e anche una riduzione “sostanziale” delle emissioni non impedirà la scomparsa dei ghiacci estivi nel 2050. La perdita di questo ghiaccio marino avrà un profondo impatto sul nostro ambiente, influenzando le correnti oceaniche e accelerando il riscaldamento dell’Artico. Infatti, con una diminuzione delle superfici ghiacciate, le aree di mare aperto assorbono più calore, provocando un aumento della temperatura degli oceani e dando inizio a un ciclo di riscaldamento e scioglimento.
Lo studio Sea ice fluctuations in the Baffin Bay and the Labrador Sea during glacial abrupt climate changes, del Cnr-Isac e Isp, ha rafforzato le previsioni dell’Esa e confermato il pericolo, ormai quasi certo, di una totale scomparsa dei ghiacci estivi del circolo polare artico. I risultati dello studio, infatti, hanno mostrato come il tempo di reazione del ghiaccio marino a bruschi aumenti di temperatura sia quasi istantaneo, o avvenga nell’arco di massimo 10 anni, “passando da una spessa copertura pluriennale e persistente, a condizioni di mare aperto e ghiaccio stagionale”.
Per ottenere questi risultati, gli scienziati hanno combinato i dati relativi a due cambiamenti record nei ghiacci marini artici, osservati attraverso l’analisi dei sali marini (come bromo e sodio) presenti in una cosiddetta carota glaciale, estratta in Groenlandia nord-occidentale, e sull’associazione di bio-marcatori presenti in una carota di sedimento marino prelevata nel Mare di Labrador. Con il termine “carota” si identificano delle sezioni cilindriche di suolo, ghiaccio o roccia, prelevate per effettuare dei campionamenti conosciuti con il termine carotaggio. Il carotaggio può essere usato per cercare risorse minerarie, in archeologia, per analizzare la composizione del terreno oppure, come in questo caso, per ottenere utili indicazioni sull’evoluzione delle condizioni climatiche della Terra.