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Dahmer – Monster: The Jeffrey Dahmer Story è una delle serie più di successo sbarcate di recente su Netflix ed è riuscita nelle poche settimane in cui è stata presente sulla piattaforma a infrangere qualche record, piazzandosi al secondo posto dei titoli seriali in lingua inglese più visti del servizio streaming. Ma più gli utenti si collegavano per guardarla, più si scatenavano le polemiche. Molti osservatori hanno criticato il mondo in cui la violenza è presentata nelle varie scene o come è trattata l’omosessualità del serial killer e delle vittime. Altri hanno sottolineato le incongruità e le invenzioni della ricostruzione. Ma sono state soprattutto i parenti delle vittime a criticare la produzione, considerandola un’operazione insensibile che sfrutta ancora una volta il loro trauma e il loro dolore.
Dopo settimane di critiche è lo stesso creatore della miniserie Ryan Murphy a parlare: lo sceneggiatore e produttore, tra i più acclamati e pagati di Hollywood, sostiene di aver passato tre anni e mezzo a preparare la serie e che in questo periodo ha cercato di interpellare fino a venti famigliari delle vittime dell’assassino seriale, senza però ricevere riscontri “È qualcosa sulla quale abbiamo lavorato molto a lungo. E ovviamente nei tre anni, tre anni e mezzo che abbiamo passato a scriverla, a lavoraci sopra, abbiamo contattato circa venti dei parenti delle vittime e anche loro amici per cercare di avere il loro input ma non c’è stata una singola persona che ci abbia risposto nel mentre“, ha dichiarato durante un evento al DGA Theatre di Los Angeles: “Così ci siano basati il più possibile sullo straordinario lavoro fatto dai nostri ricercatori… Non so nemmeno come abbiano fatto a trovare tutta quella roba. Ma è stato uno sforzo giorno e notte per rivelare la verità ultima di queste persone“.
Sebbene Murphy e il regista Paris Barclay abbiano detto che il loro obiettivo è quello di rendere le vittime di Dahmer più di semplici statistiche, dando loro un volto e un’anima, molte delle persone vicine a queste vittime non sono d’accordo. Rita Isbell, sorella di Errol Lindsey, diciannovenne ucciso dal killer, ma anche Shirley Hughes, madre di Tony, fidanzato di Dahmer prima di essere a sua volta brutalmente assassinato, hanno accusato Murphy e Netlix di aver romanzato le loro storie e cercare di sfruttarle per trarne guadagno. Lo showrunner per contro ribadisce che il suo intento è quello di parlare in generale di una società sbagliata e oppressiva: “Mentre facevamo la serie abbiamo parlato molto della volontà non di parlare di Jeffrey Dahmer come persona, ma di cosa l’ha reso un mostro. Parliamo del privilegio bianco, del razzismo sistemico, dell’omofobia”.