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È un amore comprensibile, in cui ciascuno si può immedesimare (basta cambiare l’oggetto della bramosia) i cui connotati sono comuni a ogni predilezione destinata a espandersi e approfondirsi fino a dominare l’animo. Drops of God è uno slow burner: all’inizio è piuttosto faticoso da seguire, strano e alieno per le tematiche ai più, ma anche a causa di due protagonisti volutamente spinosi. Quoc Dang Tran, che ha adattato il fumetto in serie, scegli di seguire prevalentemente il punto di vista di Camille, concentrandosi sulle sue indagini da detective holmesiano per risolvere gli enigmi. È una giovane instabile, solitaria e irritante, circondata da un gruppetto di collaboratori che l’aiutano ad affrontare i test più per interesse personale che per bontà. La sua centralità va a scapito del fascino dello show, perché ben poco viene mostrato delle peripezie e dei segreti dell’intrigante Issei nelle prima puntate.
Nettare degli dei – Drops of God va decantata, bisogna portare pazienza prima di appassionarsi a questi due personaggi così ameni, e questo avviene quando la trama si concentra anche su Tomine, l’erede di una potente azienda a conduzione familiare oppresso da una madre castrante, anafettiva e ipocrita, una figura emblematica della narrativa nipponica. Yamashita è davvero bravo in un ruolo difficile che non gli concede mai di sfogarsi. È soprattutto grazie a lui che Drops of God si trasforma in un dramedy delicato e toccante, che l’atmosfera si riscalda facendosi tiepida e confortante, rassicurante e piacevole. In tandem i due eredi fanno faville, insieme sono forti, ribelli e inebrianti e rendono affascinante come un rituale arcaico e mistico la pratica della degustazione dei vini. Mentre la fine della storia si avvicina, Drops of God si fa meno detective story e più parabola sociale e personale, si fa più cuore e meno cervello. Quella che si presentava come una serie dal titolo pomposo incentrata su una nicchia snob e privilegiata si attesta come in una bizzarra detective story e un confortante family drama: è una soddisfazione, come scovare un vino sconosciuto e sorprendentemente delizioso.