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Anche se al momento è tutto rinviato, la mozione depositata in Regione Lombardia contro la carriera alias a scuola – che permette alle persone transgender di utilizzare in classe il nome scelto – non smette di suscitare polemiche. Presentata al consiglio regionale lombardo da Fratelli d’Italia (e non ancora approdata in aula), la proposta chiedeva alla giunta guidata dal leghista Attilio Fontana e agli assessori competenti di “richiedere agli istituti scolastici lombardi che aderiscono alla carriera alias di annullare/disapplicarne il regolamento”, intervenendo anche contro la sua diffusione nelle scuole.
Questo testo era stato presentato a luglio ma la sua discussione era stata rimandata a settembre. La motivazione dello slittamento, ribadita in più occasioni dal primo firmatario e consigliere di Fratelli d’Italia Giacomo Zamperini, riguardava la possibilità di allargare la condivisione del testo ad altre forze politiche. Già mesi fa però l’iniziativa aveva scatenato proteste, sfociate in un presidio organizzato da studenti e associazioni per la difesa dei diritti delle persone lgbtqia+. Ora però a esprimere la propria posizione contro il contenuto della proposta è anche Jiska Ristori, psicologa e psicoterapeuta, il cui studio del 2016, firmato insieme al collega Thomas Steensma, è citato proprio nel testo della mozione. In una comunicazione inviata al presidente del consiglio regionale Lombardia Federico Romani, la dottoressa diffida “dall’utilizzare i miei scritti in maniera inappropriata e strumentale”.
La situazione:
Lo studio distorto ad hoc
La ricerca in questione, infatti, viene citata a sostegno della mozione, nel passaggio in cui si precisa che “l’implementazione della ‘carriera alias’ è potenzialmente dannosa per gli stessi studenti che la richiedono in quanto porta a consolidare una percezione soggettiva che, persino laddove sia accompagnata da una vera e propria disforia di genere, è nella quasi totalità dei casi – in particolare nei minorenni – temporanea e risolta spontaneamente nella maggiore età”. Ed è qui che interviene la dottoressa Ristori, specificando che la citazione sulla carriera alias dell’articolo è “fuori contesto e usata in modo strumentale per sostenere tesi opposte a quelle ivi contenute”. Lo studio del 2016 era infatti “una review in cui si riporta lo stato dell’arte al 2016 rispetto alla presentazione psicologica e sociale di bambini inviati a centri dedicati all’affermazione di genere (non rappresentativi quindi della popolazione generale)”. Non aveva perciò niente a che fare con la carriera alias, ambito in cui è stato inopportunamente citato. Oltretutto, aggiunge l’esperta, “i dati citati sulla persistenza dell’incongruenza di genere al 2016 sono riferiti all’infanzia e non all’adolescenza”.
La ricercatrice precisa che “gli studi, a oggi, dimostrano che la carriera alias è un importante strumento di supporto al buon funzionamento psicologico di giovani persone transgender”. Le sue conclusioni non lasciano dubbi: “Mi dissocio completamente dalla mozione presentata, ritenendo al contrario l’importanza di garantire la possibilità di avere accesso alla carriera alias al fine del benessere psicologico delle giovani persone transgender”. In aggiunta, Ristori ritiene che sia un mezzo efficace per contrastare l’abbandono scolastico precoce “cui gli adolescenti transgender sono ancora troppo frequentemente caratterizzati”. Intanto, il primo firmatario della mozione, il consigliere Zamperini, in merito a questa polemica, dichiara a Wired: “Abbiamo recepito la lettera della dottoressa Ristori e quella frase che fa riferimento allo studio di cui è co-autrice verrà stralciata dal testo, questo per evitare ulteriori polemiche inutili e dannose. La mozione che presenteremo in aula avrà anche altre modifiche ma il tema è che, anche se la dottoressa Ristori ritiene che le sue parole siano state stravolte, esistono molti altri studiosi che invece sostengono le nostre tesi”.
Le associazioni promettono battaglia
Nonostante il rinvio della discussione della mozione nell’aula di Palazzo Pirelli (che avverrà in una delle prossime riunioni del consiglio regionale, probabilmente il 3 ottobre), le associazioni per i diritti delle persone transgender promettono battaglia, per proteggere i 33 istituti lombardi che a oggi hanno aderito alla carriera alias.
“Non ci basta lo slittamento, questa mozione deve essere ritirata, anche perché non sta in piedi – spiega Guglielmo Giannotta, presidente Acet (Associazione per la cultura e l’etica transgenere) -. L’impianto giuridico è proprio sbagliato e impossibile da mettere a terra. Non si possono obbligare i presidi ad abolire la carriera alias perché esiste l’autonomia scolastica”. Vicinanza alle famiglie di giovani transgender viene espressa da parte della consigliera comunale di Milano e attivista, Monica Romano: “La nostra amministrazione sta lavorando per il riconoscimento delle carriere alias. Il sindaco Beppe Sala, prima dell’estate, ha inviato una lettera ai suoi colleghi di Bologna e di Lecce per iniziare una collaborazione fra amministrazioni in questo senso. L’intento di Fratelli d’Italia è invece quello di usare i ragazzi e le ragazze transgender, prendendosela con dei giovani che chiedono solo che venga garantito il loro diritto alla studio”.