sabato, Dicembre 21, 2024

Intel ha ricevuto una maxi multa dall'Unione europea per una storia di 14 anni fa

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Il passato di Intel torna alla ribalta. In questi giorni l’Unione europea ha ripristinato una maxi multa del valore di ben 376,36 milioni di euro imposta alla compagnia decenni fa per la violazione di norme antitrust. Nel 2009, infatti, Intel ha ricevuto dalla Ue una multa di oltre 1 miliardo di euro per abusato della sua posizione dominante nel mercato dei chip, escludendo il competitor AMD pagando produttori e rivenditori di pc per ritardare e/o annullare le vendite di prodotti contenenti CPU x86 rivali. Da quel momento la compagnia ha avviato un’ampia serie di ricorsi legali, alcuni dei quali ancora in via di risoluzione.

Le questioni risolte, invece, hanno portato la Ue a rimodulare la sanzione imposta a Intel anni prima per aver concesso sconti totali o parziali ai produttori di pc a condizione che acquistassero tutte le loro CPU x86 da Intel. E per aver pagato compagnie come Hp, Acer e Lenovo per convincerle a prediligere la vendita di dispositivi contenenti i chip della società, a discapito di quelli dei competitor, negli anni tra il 2002 e il 2006. Secondo quanto valutato dalla Commissione, però, Intel sarebbe responsabile soltanto della seconda delle due accuse, il che ha portato a una riduzione importante della multa. “Le palesi restrizioni di Intel hanno avuto un effetto dannoso sulla concorrenza sul mercato, privando i clienti di una scelta che altrimenti avrebbero avuto”, ha chiosato la Commissione Europea in una delle sue ultime dichiarazioni, chiarendo che il comportamento del produttore di chip merita tuttora di essere punito.

La domanda che tutti si pongono, a questo punto, è perché l’Unione europea sia tanto interessata a ripristinare una multa per una violazione che “avrebbe potuto avere un impatto limitato nello Spazio economico europeo (SEE, e 15 anni dopo la fine della violazione” stessa. A quanto pare, la stessa Commissione avrebbe risposto che la “Corte di giustizia ha confermato che l’infrazione costituiva una grave violazione delle regole di concorrenza dell’UE”, confermando così il suo ruolo attivo nel fare in modo che le “pratiche anticoncorrenziali non rimangano non sanzionate”.

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