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Mercoledì 4 ottobre i rappresentanti nazionali degli Stati membri dell’Unione europea hanno trovato un accordo sulla gestione delle crisi in materia di migrazione e asilo dei migranti. Il testo votato sarà discusso al Parlamento europeo nell’ambito dell’approvazione del Patto sulle migrazioni, la riforma delle politiche di accoglienza che Bruxelles vorrebbe chiudere prima delle elezioni del 2024.
Il regolamento
Il regolamento approvato ieri permette agli stati membri dell’Unione europea di ricorrere, in caso di improvvisi e massicci arrivi di migranti, a misure eccezionali rispetto a quelle normalmente utilizzate per l’asilo e l’accoglienza.
Come spiega Euronews, in caso di crisi le autorità del paese di primo approdo sono autorizzate a trattenere alla frontiera i richiedenti asilo fino a venti settimane “mentre le richieste di protezione internazionale vengono esaminate”. Così come il trattenimento per l’approvazione delle domande, viene prolungata da dodici a venti settimane anche la detenzione delle persone a cui viene rifiutato l’asilo. In questo caso, la dilatazione dei tempi dovrebbe servire ad agevolare il processo di rimpatrio.
Dall’altro lato, però, è prevista l’accelerazione delle procedure nelle richieste di asilo per le persone in fuga da pericoli accertati e straordinari, come ad esempio le guerre. Tale misura “permetterebbe di aggirare il sistema convenzionale, spesso lungo e macchinoso, garantendo protezione immediata a determinate categorie di persone”.
Oltre a queste misure, come scrive il Corriere della Sera l’accordo comprende anche un “un meccanismo di solidarietà obbligatorio”. Tale meccanismo prevede che lo stato membro coinvolto in una crisi migratoria possa richiedere il sostegno degli altri paesi europei. La prima misura di aiuto prevede il ricollocamento dei richiedenti asilo dal paese in situazione di crisi verso gli stati membri che offrono supporto. Questi ultimi potranno inoltre farsi carico dell’analisi delle richieste di asilo dei migranti ricollocati, alleggerendo così il lavoro dello stato membro in difficoltà. In alternativa, il territorio in crisi potrà ricevere “contributi finanziari o misure alternative di solidarietà“. Queste formule di sostegno dovranno essere approvate di volta in volta dalla Commissione europea.
Il negoziato
Per essere approvato, il testo aveva bisogno della maggioranza qualificata. In sostanza servivano i voti favorevoli di 15 stati membri, cifra utile per rappresentare il 65% della popolazione europea. Polonia e Ungheria hanno votato contro, mentre Austria, Repubblica Ceca e Slovacchia si sono astenute.
I numeri necessari sono stati raggiunti dopo la chiusura del serrato negoziato tra Italia e Germania. Roma, infatti – sulla scia delle recenti polemiche sui finanziamenti tedeschi alle organizzazioni non governative (ong) che operano nel Mediterraneo e a Lampedusa – aveva chiesto a Berlino di togliere dal documento il riferimento alle operazioni condotte dalle ong e di tornare dunque alla prima stesura del regolamento elaborata lo scorso luglio. Con la mediazione della presidenza spagnola dell’Unione europea, i due paesi hanno raggiunto un accordo: la formula contestata è stata tolta dal corpo del testo per essere inserita nel preambolo e, dunque, il suo valore normativo è stato attenuato, benché a livello concreto all’Italia continueranno a spettare i salvataggi.