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A due giorni dalle incursioni in Israele da parte del braccio militare del partito palestinese Hamas, Tel Aviv annuncia la preparazione di una controffensiva. Hamas governa la Striscia di Gaza dal 2007 ed è considerato un’organizzazione terroristica da Unione europea, Stati Uniti, Canada e Giappone. Secondo fonti americane, nel giro di 24-48 ore i carri armati delle Idf, le forze di difesa di Israele, entreranno nella Striscia di Gaza supportati dalle batterie di artiglieria. I riservisti richiamati per prendere parte al conflitto sono circa centomila. Come annunciato dal premier israeliano Benjamin Netanyahu, obiettivo della controffensiva è annientare Hamas. Le comunità agricole israeliane (kibbutz) situate ai confini dell’enclave palestinese sono state sgomberate per permettere lo svolgimento delle operazioni militari.
La Striscia di Gaza è una delle zone più densamente popolate al mondo (circa 4.500 abitanti per chilometro quadrato), in cui raramente i rivali si sono avventurati per condurre operazioni militari via terra. La scorsa notte (tra domenica 8 e lunedì 9 ottobre), i bombardamenti israeliani nell’area hanno colpito ottocento obiettivi presìdi di Hamas. Nella mattinata di lunedì 9 Tel Aviv ha fatto sapere che, in queste ore, circa ottanta terroristi sono stati trovati all’interno del territorio israeliano.
Al momento, i morti israeliani sono settecento, mentre quelli palestinesi cinquecento. Durante l’incursione, l’organizzazione terroristica Hamas ha rapito circa cento persone, molte delle quali sono civili di tutte le età che, al momento, dovrebbero trovarsi all’interno della Striscia di Gaza. A seguito degli attacchi missilistici israeliani, invece, gli sfollati palestinesi sono circa 74mila.
L’escalation militare
L’operazione militare palestinese iniziata sabato 7 ottobre avrebbe visto coinvolti circa mille miliziani di Hamas che hanno raggiunto il paese rivale via terra. “Mai nella storia di Israele ci sono state tante vittime per un solo attacco”, hanno dichiarato i portavoce dell’esercito israeliano. Domenica Tel Aviv ha formalmente dichiarato guerra al gruppo terroristico palestinese.
La guerra ha sin da subito scatenato la reazione della comunità internazionale. Se da un lato l’Iran ha espresso vicinanza e soddisfazione per le operazioni del gruppo terroristico palestinese, dall’altro gli Stati Uniti fanno da capo fila dei paesi che si schierano al fianco di Israele. Washington ha rassicurato i suoi alleati, che riceveranno tutti gli aiuti necessari per affrontare questa nuova fase del conflitto con Hamas. È così che nelle ultime ore sono comparsi aerei e navi militari statunitensi nel Mediterraneo orientale in segno di sostegno a Tel Aviv. Gli Stati Uniti hanno promesso anche l’invio di munizioni. Osservato speciale della Casa bianca è probabilmente il Libano, dal quale braccio armato del partito musulmano sciita Hezbollah, alleato di Teheran e di Hamas, domenica ha esploso alcuni colpi di artiglieria verso il nord di Israele.
Il messaggio di Hamas
L’improvvisa aggressione dei miliziani palestinesi è avvenuto a 50 anni dalla guerra dello Yom Kippur. Anche in quell’occasione, Israele venne colta di sorpresa dalle truppe arabe, specialmente siriane ed egiziane, che tuttavia vennero respinte nel giro di tre settimane circa. I media riportano però che l’improvviso e massiccio attacco non è solo la celebrazione di un anniversario. L’operazione di Hamas potrebbe infatti essere un tentativo di sabotare gli Accordi di Abramo, il progetto sponsorizzato dagli Stati Uniti che prevede la normalizzazione dei rapporti tra paesi arabi e Israele. In questo contesto, il messaggio dei terroristi potrebbe essere rivolto all’Arabia Saudita, che con il principe Mohammed bin Salman appare sempre meno interessata a tutelare gli interessi palestinesi, cambiando gli schieramenti nel complesso scacchiere mediorientale.
Ma l’Arabia Saudita sembra giocare su più tavoli. Dopo anni di congelamento delle relazioni con l’Iran dovuto ai diversi schieramenti nel conflitto in Yemen, il regno ha recentemente ripreso i rapporti diplomatici con la repubblica islamica attraverso la riapertura delle rispettive ambasciate a Ryadh e Teheran. In questo caso, l’operazione di riavvicinamento è stata sponsorizzata dalla Cina che, forse, a oggi è il nemico numero uno degli Stati Uniti nella lotta per l’egemonia globale.