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L’Internal revenue service (Irs), l’agenzia governativa delegata a riscuotere i tributi negli Stati Uniti, ha chiesto a Microsoft lo scorso settembre di versare 28,9 miliardi di dollari di tasse non pagate negli anni fiscali che vanno dal 2004 al 2013. Cifra alla quale peraltro l’ente, nella notifica fatta pervenire alla società di Redmond, ha aggiunto anche sanzioni e interessi relativi.
È stata la stessa società, come riporta l’agenzia Reuters, a dare notizia della vicenda lo scorso 11 ottobre, sottolineando che gli avvisi dell’Irs si riferiscono a una controversia in corso con l’autorità fiscale statunitense, che sta verificando il metodo attraverso il quale Microsoft ha distribuito in quelle dieci annualità i propri profitti tra diversi paesi e giurisdizioni.
Secondo quanto appreso dall’agenzia stampa britannica, la società fondata da Bill Gates e Paul Allen avrebbe peraltro già modificato il proprio modus operandi, per fare in modo che “le questioni sollevate dall’Irs siano rilevanti per il passato ma non per le nostre pratiche attuali” e si sarebbe detta convinta che, al termine di tutte le procedure di verifica delle autorità, le eventuali tasse dovute saranno ridotte a massimo 10 miliardi di dollari, sulla base di leggi in tema fiscale promulgate all’epoca della presidenza di Donald Trump.
Microsoft ha fatto sapere di non essere d’accordo con la posizione dell’Irs e che intende quindi opporsi a quanto le viene contestato sia nel procedimento interno all’agenzia governativa, sia nell’eventualità in cui si dovesse arrivare a processo.
Come sottolinea Il Sole 24 Ore, la questione relativa alle tasse delle big tech rappresenta un problema per tutti i governi mondiali. Colossi come Apple, Amazon e la stessa Microsoft sono spesso accusati infatti di veicolare i propri introiti verso paesi in cui la tassazione è irrisoria per massimizzare i profitti e pagare meno tributi. Nel 2016 fu l’Unione europea a ordinare a Apple di pagare 13 milioni di euro di tasse arretrate. In quell’occasione però l’Ue ebbe la peggio in fase processuale ed è ora in attesa dell’esito di un ulteriore appello.