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Non è un caso, secondo NewsGuard: l’invasione delle fake news sarebbe strettamente legata alla decisione di Musk di ridurre notevolmente il personale della piattaforma, in particolare le squadre di moderatori. E il dilagare del falso deriva anche dal fatto che l’attacco di Hamas ha generato un gran numero di scambi: da quando è scoppiata la guerra, X ha visto un aumento del numero di messaggi e utenti attivi quotidiani.
Il fallimento di X
Ciò che rende la situazione particolarmente ingarbugliata è che molte delle fonti di informazione errata avevano il famigerato segno con la spunta blu, un sistema di certificazione originariamente introdotto da Twitter per conferire credibilità agli account, e oggi disponibile a chiunque sia disposto a pagare per la versione premium di X. Questo avrebbe portato, secondo NewsGuard, molti più utenti a ritenere credibili affermazioni false, contribuendo all’espansione del caos informativo.
Commentatori da entrambi i lati del conflitto hanno spesso preso video e foto fuori contesto per distorcere le percezioni della parte avversaria. Per esempio, commentatori pro-Israele hanno condiviso un video che affermava di mostrare un combattente di Hamas che sembrerebbe celebrare il rapimento di un bambino israeliano. In realtà, il video era stato caricato su TikTok un mese prima dell’attacco di Hamas, secondo quanto riportato da Reuters e confermato da NewsGuard. Nel frattempo, sostenitori di Hamas hanno condiviso un video di presunte riprese del gruppo militante islamico che avrebbe abbattuto elicotteri militari israeliani. In realtà è tratto dal videogioco di simulazione Arma 3, ha stabilito NewsGuard.
Nelle molteplici crisi di questa fase storica è in atto una lotta su chi ha il monopolio delle legittime rappresentazioni dei conflitto. Di recente, Musk ha invitato i suoi circa 160 milioni di follower a seguire diversi account noti per la diffusione di false informazioni, alcuni dei quali presentano contenuti razzisti, come Osintdefender o RadioGenova. Questa deriva verso la disinformazione su X non è passata inosservata. A settembre, anche per le pressioni da parte di Bruxelles, il sito di social media ha dichiarato di aver eliminato centinaia di account e di aver evidenziato le “note della comunità” per fornire contesto a dichiarazioni potenzialmente fuorvianti.
Le responsabilità dei media tradizionali
La passione e l’emozione suscitate dal conflitto israelo-palestinese spesso portano le persone a trascurare le regole fondamentali di verifica delle informazioni. Questo, va detto, riguarda anche gli utenti che si sentono immuni dai contenuti sensazionalistici e malevoli, e soprattutto i quotidiani tradizionali. La storia dei bambini decapitati nel kibbutz di Kfar Aza, per esempio, riportata come vera con grande risalto da gran parte della stampa italiana, è probabilmente falsa. L’esercito israeliano non l’ha mai confermata e le foto che mostrerebbero l’orrido evento, secondo la giornalista italiana de Il Foglio, Cecilia Sala, che ha sentito vari militari e responsabili di ong, probabilmente non esistono. Anche Joe Biden mercoledì ha menzionato i bambini decapitati, ma la Casa Bianca ha poi parzialmente rettificato dicendo che non c’erano prove.