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E così è, Choi è attraente, atletico, ricco, ma la sua vita è costellata di scelte esecrabili. I personaggi, nonostante siano appena accennati, hanno il potere di scatenare facilmente le reazioni emotive dello spettatore: Choi, in particolare, è talmente estremo nella sua malvagità gratuita da innescare un’avversione feroce. Lee prende l’archetipo del vendicatore e quello del villain e – al posto di arricchirne le personalità espandendone la personalità, illustrandone il passato e le ragioni che li hanno “fatti” così o elaborandone le relazioni con gli altri personaggi – porta quegli stereotipi all’esasperazione. Così, Ok-ju, Choi e Min-hee sono l’archetipo del vigilante solitario in cerca di vendetta per l’amata, Choi l’antagonista mefistofelico con un esercito al suo servizio, Min-hee la donna angelicata perduta tragicamente. L’incontro tra Choi e Ok-ju è l’inizio di una manciata di sequenze nelle quali i due si danno battaglia con ogni mezzo: si picchiano, si accoltellano, si sparano addosso. In una scena esilarante – perché in Ballerina abbonda una rinfrescante ironia – la protagonista incontra due mercanti di armi ottuagenari (lei è Kim Young-Ok, attrice veterana dei drama) che le vendono pistole antidiluviane, ma nell’arsenale c’è anche un lanciafiamme, in seguito protagonista della scena più memorabile del film.