giovedì, Dicembre 26, 2024

The Gilded Age 2, i motivi per non perderlo secondo il creatore Julian Fellowes

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Un inglese che racconta la storia americana? Julian Fellowes ha fatto storcere più di un naso, quando – dopo il successo mondiale di Downton Abbey – si è lasciato corteggiare da una serie in costume dall’altra parte dell’oceano. Se all’equazione si aggiunge il fatto che di solito le seconde stagioni non raggiungono mai le vette delle prime, il barone ha avuto più di un ostacolo per The Gilded Age 2, che arriva il 30 ottobre su Sky Serie e in streaming su NOW.

Ne parla con il solito buonumore commentando alcune immagini dei nuovi episodi, focalizzandosi su cosa pensava sarebbe andato storto e su quali miracoli invece hanno fatto allineare i pianeti per trovare nuova linfa nella scrittura.

La storia riprende da dove si era interrotta, con Agnes (Christine Baranski di The Good Wife) disposta a tutto per difendere Manhattan da quella che ritiene l’invasione dei nuovi ricchi di fine XIX secolo. Lei ha il pedigree dell’alta società e non basta il denaro a conquistarselo. Meno rigida è la sorella Ada (Cynthia Nixon, alias Miranda di Sex and the City), la cui singletudine – diremmo oggi per non usare il termine zitellagine – di fatto nella comunità dell’epoca le dà zero potere rispetto all’altra (vedova e madre). Nelle prime puntate hanno accolto in casa una nipote indigente Marian (Louisa Jacobson Gummer, figlia di Meryl Streep), la cui amicizia con una ragazza di colore istruita e indipendente, Peggy (Denée Benton) ha scombussolato i vari equilibri. Mai quanto l’arrivo dei dirimpettai, i miliardari Russell: lui, George (Morgan Spector), è nell’edilizia, mentre lei, Bertha (Carrie Coon), passa il tempo in uno sport all’epoca considerato – ma solo in pubblico – alquanto deprecabile, l’arrampicata sociale.

Nel secondo capitolo ormai i personaggi hanno dimostrato la propria natura, ma non di tutti si conosce il passato o il contesto. Eccovi serviti, allora, come direbbe sir Fellowes: “Stavolta – promette – ampliamo gli orizzonti, quel tanto che basta per vedere il mondo che circonda i personaggi e il loro ambiente, cercando di mantenere un certo ancoraggio all’accuratezza storica”.

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