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Crescendo, il giovane Miller sapeva che sarebbe diventato un fumettista. Un test attitudinale al liceo gli diede due esiti possibili: artista o architetto. “Sono sempre stato molto ordinato, rigoroso”, ha commentato. Un’attitudine che si riscontra appieno in 300: l’insolito formato orizzontale delle tavole è stato scelto perché l’unico adatto a mostrare lo scontro tra due eserciti, il cozzare di lance e scudi, il brullo paesaggio greco che si getta sul mare. Mentre l’influenza di Alberto Breccia, artista argentino, è facilmente ritrovabile nel graffiante bianco e nero di Sin City.
La carriera di Miller non è immacolata. E il suo richiamo ai fumetti anti-fascisti, quelli in cui Capitan America prendeva a pugni Hitler, non è nuovo. Era già stato citato anni fa dallo stesso Miller per spiegare lo spirito della sua graphic novel più controversa, Holy Terror, che seguiva le avventure di un nuovo vigilante, The Fixer, contro un gruppo di terroristi di Al-Qaida. All’epoca, Miller aveva descritto il titolo come un’opera di propaganda per la lotta al terrorismo, così come i fumetti di supereroi degli anni ‘40 esortavano alla lotta al nazismo – ma la graphic novel è stata anche interpretata come un’opera di propaganda anti-islamica senza se e senza ma, e oggi l’autore preferisce non tornare sull’argomento.
È comunque indubbio che Miller sia uno dei più grandi innovatori del linguaggio dei comic book, genere sul quale ha lasciato un’impronta indelebile. Ora è il suo momento di sostenere le nuove generazioni: nel 2022 ha lanciato la sua casa editrice, Frank Miller Presents, insieme a Dan DiDio (ex-co-publisher Dc Comics) e alla produttrice cinematografica Silenn Thomas. Il suo obiettivo: dare spazio a nuovi talenti.
Il nostro incontro con Frank Miller
Con Wired, Miller ha parlato di innovazione: “Ho avuto la fortuna di lavorare con tantissimi artisti che creano lavori entusiasmanti e nuovi, in tanti generi e medium diversi, dai comic book all’animazione. Credo che questo sia un grande momento per essere appassionati di fumetti perché c’è una vera e propria esplosione di nuovi approcci davvero eccitanti. Ma per chi cerca soltanto versioni migliori di cose vecchie, nei soliti vecchi posti, allora persino il fumetto potrebbe risultare noioso”.
Anche i manga non sfuggono al radar di Miller: “Sono rimasto un po’ indietro”, ammette, “Ma sto recuperando. E mi piacerebbe molto fare qualcosa, magari al fianco di un autore giapponese. O lavorare con quella cartaccia che usano!”
E se il cinema secondo Miller non è né padre né figlio dei comics, ma al massimo un “fratello” con pari dignità, così anche le tecnologie digitali non devono fare paura. “La carta è calda. Non si può sostituire la fisicità di un libro, la possibilità di rannicchiarsi sul divano a leggere un fumetto, sfogliandolo, annusandolo. Ma nessun artista deve sentirsi inferiore a un altro solo perché realizza progetti diversi, su medium diversi, o con tecniche differenti. Non c’è un modo sbagliato, o inferiore, di fare fumetto, o arte”.
E l’intelligenza artificiale, che potrebbe sconvolgere (e lo sta già facendo) il modo di fare arte? “Francamente non ci penso. Può essere utile ma non può sostituire noi umani, con tutti i nostri difetti e le nostre imperfezioni. E comunque non credo che possa mai sostituire qualcuno come me”.