giovedì, Dicembre 26, 2024

I minuscoli robot viventi fatti di cellule umane

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Un esempio di antrorobot, con in giallo le ciglia visibili (Foto: Gizem Gumuskaya et al., 2023 Advanced Science)

E’ possibile utilizzare questa capacità di movimento di questi robot, che vivono al massimo per un paio di mesi, per svolgere determinate azioni, di fatto programmandoli? I ricercatori sono convinti di sì, che sia possibile giocare sulla loro configurazione – senza alterare la loro componente genetica, precisano – per creare dei robot ad hoc, capaci magari di traghettare farmaci o aiutare la rigenerazione dei tessuti. Con il fattore bonus di poter essere completamente compatibili con il ricevente, a partire da cui verrebbero creati, ma non solo. “Gli antrobot si auto-assemblano in laboratorio. A differenza degli xenobot, non servono pinzette o bisturi per dare loro forma e si possono utilizzare cellule adulte – anche di pazienti anziani – invece di cellule embrionali”, ha spiegato Gizem Gumuskaya, tra gli autori del paper, aggiungendo come giocando con le forme e sfruttando la capacità delle cellule di comunicare tra loro, sia possibile creare strutture con funzioni e strutture nuove.

Li vedete le ciglia? (Foto: Gizem Gumuskaya et al., 2023 Advanced Science)

Il senso della ricerca è oggi soprattutto questo, rimarcano gli esperti: dimostrare che sia possibile scoprire, e sfruttare, funzioni nuove a partire da nuove configurazioni, pur usando materiali (cellule) note in contesti diversi.

Antrobots, le possibili applicazioni (future e futuristiche)

Ad oggi questi antrobots sono solo esperimenti di laboratorio – e solo qui possono vivere, ci tengono a precisare – con le promesse di diventare qualcosa di più. Magari di poter essere utilizzare a scopi rigenerativi, dal momento che test preliminari hanno mostrato che possono aiutare il recupero di un danno su alcune cellule nervose fatte crescere in laboratorio, anche se in maniera poco chiara agli stessi ricercatori, ammettono.

Antrobot in movimento tra neuroni coltivati in laboratorio (Credits video: Gizem Gumuskaya, Tufts University)

La lista delle possibili applicazioni, ancorché molto futuristica, spazia dall’utilizzo come spazzini della placche aterosclerotiche o del muco che affligge i pazienti con fibrosi cistica, spiegano i ricercatori. O ancora potrebbero essere utilizzati per traghettare farmaci lì dove servono o anche solo per testarli in laboratorio su tessuti di pazienti, o essere impiegati per il loro utilizzo per la creazione di tessuti biotech. Per applicazioni nell’uomo, l’idea avanzata dai ricercatori è di utilizzare e inocularli nel corpo tramite una semplice iniezione. Che posto avranno nel mondo della robotica potremmo capirlo davvero solo in futuro, con il proseguire delle ricerche nel campo, in primis anche sul fronte della sicurezza.

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