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I superconduttori a temperatura ambiente tornano periodicamente a fare capolino sui giornali. E il motivo è ovvio: è una tecnologia che modificherebbe radicalmente il mondo in cui viviamo, riscrivendo il modo in cui produciamo e trasportiamo energia, e rendendo economica ed efficiente la produzione di chip ultraveloci, treni a levitazione magnetica, reattori a fusione. Gli annunci di nuove scoperte nel campo non mancano, e di solito ci vogliono pochi giorni perché vengano smentite. Con un’unica eccezione: Ranga Dias, un fisico dell’università di Rochester che dal 2020 ha continuato a pubblicare studi presentando nuovi superconduttori a temperatura (più o meno) ambiente, indifferente alle critiche, sempre più agguerrite, di una parte della comunità scientifica.
Tanta resilienza lasciava sperare che il fisico americano avesse davvero in mano qualcosa. E invece, purtroppo, la favola sembra arrivata alla sua (forse scontata) conclusione: un rapporto commissionato dalla stessa università di Rochester, venuto a galla – come racconta un articolo di Nature – nel corso di una causa intentata dallo stesso Dias contro l’istituto che ora sta cercando di licenziarlo, dettaglia infatti una lunga lista di irregolarità, falsificazioni, plagi e manipolazioni dei dati riscontrate nei lavori del fisico. Abbastanza per mettere definitivamente la parola fine alla credibilità (e probabilmente alla carriera) dello scienziato.
Una scoperta da Nobel
La superconduzione a temperatura ambiente, lo dicevamo, è uno dei dei traguardi più elusivi, e potenzialmente rivoluzionari, nel campo della fisica della materia. Una di quelle scoperte che garantirebbe un premio Nobel al suo autore, perché avrebbe ripercussioni in tutti i campi tecnologici in cui si utilizzano dispositivi elettronici o magneti potentissimi. La questione è relativamente semplice: i conduttori tradizionali presentano sempre una resistenza (per quanto piccola) al passaggio della corrente elettrica, che ne dissipa una certa quantità trasformandola in calore; i superconduttori, dal canto loro, non ne offrono alcuna, e questo li rende incredibilmente più efficienti. Possono essere usati per produrre elettromagneti di potenza altrimenti impossibile, batterie elettriche superpotenti ed efficienti.
Ma non solo: utilizzandoli per costruire banali cavi, potremmo eliminare completamente la dispersione di energia nelle reti elettriche. Riducendo i consumi e gli sprechi, e rendendo possibile il trasporto di elettricità su qualunque distanza. Una rivoluzione che, da sola, ha il potenziale per risolvere l’attuale crisi energetica e ambientale legata alle emissioni dei combustibili fossili: sarebbe possibile produrre elettricità da fonti rinnovabili dove queste sono più abbondanti (impianti fotovoltaici nel centro del Sahara, o centrali geotermiche nelle aree vulcaniche) e poi trasportare l’energia ovunque ce ne fosse bisogno, senza dover tenere conto della distanza. Il problema è che con i superconduttori scoperti fino ad oggi hanno un difetto: per esibire le loro incredibili caratteristiche devono trovarsi in condizioni di temperatura e/o pressione realmente estreme, solitamente al di sotto dei -100 gradi centigradi, e richiedono quindi dispendiosi e ingombranti sistemi di refrigerazione per poter essere utilizzati, che ne limitano drasticamente le applicazioni. Per questo motivo, la scoperta di un superconduttore che funzioni in condizioni di temperatura e pressione prossime a quelle ambientali fa gola a moltissimi scienziati. Il problema è che nessuno, almeno per ora, sa bene come riuscire nell’impresa.
Gli studi di Dias
La teoria sviluppata per spiegare la superconduzione è nota come teoria BCS, dalle iniziali dei tre fisici che l’hanno proposta nel 1957 – John Bardeen, Leon Cooper e Robert Schrieffer – ricevendo per questo un Nobel nel 1972. È estremamente complessa – troppo per affrontarla in una sede come questa – ma in termini molto generali, prevede che la superconduzione sia legata alla formazione di una coppia di elettroni nota come coppia di Cooper, evento che può avvenire solo a temperature bassissime, perché bastano fluttuazioni termiche anche minime per spezzare queste coppie di particelle.