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Circa 5.600 anni fa, nel Neolitico, in quella che oggi conosciamo come la Valle del Rodano, in Francia, è possibile che due donne siano state sottoposte a un crudele rituale propiziatorio: con l’addome poggiato a terra e le caviglie legate al collo, il peso delle loro stesse gambe ne avrebbe causato lo strangolamento. È una possibile interpretazione delle analisi relative a uno studio pubblicato su Science Advances, i cui autori sostengono che nel Neolitico questo tipo di rituale fosse diffuso anche in altre zone dell’attuale territorio europeo.
Lo studio
Come racconta una news di Science che accompagna la pubblicazione, l’antropologo Eric Crubézy, che ha guidato lo studio, scoprì i resti delle due donne nel 1984. Il sito conteneva in realtà anche lo scheletro di una terza donna. Al contrario di quest’ultima, però, gli scheletri delle altre due erano posizionati in un modo innaturale e inizialmente difficile da spiegare.
Crubézy e colleghi hanno poi esaminato 20 casi simili ritrovati in 14 diversi siti sparsi su buona parte dell’attuale territorio europeo, dall’Europa dell’est alla Catalogna, e risalenti al periodo compreso fra il 5.500 e il 3.500 a.C. “Possiamo dire che questa speciale tortura fosse una pratica comune in tutti questi siti”, spiega Crubézy a Science.
Gli autori dello studio la paragonano al cosiddetto “incaprettamento”, una modalità di esecuzione considerata come tipicamente collegata alla mafia italiana e utilizzata per punire i traditori. In realtà, nel caso dei delitti a sfondo mafioso il corpo verrebbe più spesso messo in questa posizione a seguito del decesso della vittima (avvenuto per altre cause), a scopo dimostrativo.
Tornando invece al contesto dei siti studiati dal gruppo di ricerca, la presenza di altri elementi come frammenti di macine rotte e resti di animali sembrerebbe indicare che si trattasse di sacrifici eseguiti nel contesto di rituali propiziatori per l’agricoltura.
Si trattava davvero di sacrifici?
Tuttavia, spiega il primo autore dello studio, i resti delle ossa di per sé non possono dimostrare che le vittime fossero sottoposte al rituale da vive e che fossero effettivamente lasciate morire per soffocamento. È possibile che, al contrario, venissero per qualche motivo legate in questa posizione a seguito del decesso.
Altri esperti di archeologia addirittura non sono convinti che si possa parlare di sacrificio in questo caso: “Stanno usando la posizione delle ossa come prova di un comportamento violento”, spiega a Science Christian Meyer, osteoarcheologo che non ha partecipato allo studio. “Il sacrificio umano è diffuso e molte culture diverse lo praticavano – prosegue –. Ma è difficile da dimostrare, e qui non ci sono prove reali oltre alla disposizione dei corpi in una fossa”.
Quello che sappiamo è che le tracce di questo tipo di rituali sembrano scomparire a partire dal 3.500 a.C., quando inizia a diffondersi il megalitismo, ossia la costruzione di monumenti costituiti da grandi blocchi di pietra: “I luoghi di raccolta diventeranno i dolmen – conclude Crubézy – dove alcuni dei morti di una comunità venivano accolti durante diversi riti, e dove le [tracce di, nda] crudeli torture sembrano essere scomparse”.