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Cucinare grazie alla luce del sole. Non è fantascienza e nemmeno un cartone animato, ma un’alternativa di energia green che sta prendendo piede anche in Italia. A Senigallia, lo scorso 7 aprile, si è tenuto il primo picnic italiano cucinato esclusivamente grazie ad alcuni strumenti in grado di trasformare l’energia del sole per portare a cottura gli alimenti. L’evento, dal dal titolo “A proposito di forni solari…”, si è svolto alla Fattoria didattica dei Conti a Senigallia, ed è nato in seguito alla visita all’Università Politecnica delle Marche del professor Celestino Ruivo, dell’Università dell’Algarve, Portogallo.
Il prof. Ruivo si autodefinisce un “enthusiast and intensive user of solar cooking” ed organizza annualmente conferenze internazionali sulla cottura solare: in questi giorni è arrivato in Italia per incontrare il professor Giovanni di Nicola e il suo gruppo di ricerca, attivo nella sperimentazione di nuovi modelli di forni solari e delle tecniche per migliorarne le prestazioni grazie all’uso di materiali particolari che conservano il calore: i cosiddetti phase change materials (PCMs). Ma cos’è un forno solare e come si può pensare di cuocere del cibo sfruttando soltando la luce del sole? Wired lo ha chiesto a Nicola Ulivieri, Dottore di Ricerca in Ingegneria dell’Informazione con Laurea in Ingegneria delle Telecomunicazioni ed esperienza di vari anni in Ricerca e Sviluppo, sia in ambito accademico che industriale e privato.
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Come si cucina con il sole?
Ulivieri spiega a Wired come sia possibile arrivare a preparare un intero pranzo grazie ai raggi del sole. “La cottura solare si basa essenzialmente su due principi: la concentrazione dei raggi solari e l’effetto serra – dice – . I raggi solari trasportano una quantità di energia che può tradursi in una potenza (massima) istantanea di 1 kW per m², per avere un’idea. Se prendiamo una superficie abbastanza grande e, con degli specchi, concentriamo questa energia su un recipiente nero in modo da convertire la luce in calore, il gioco è fatto”. Per farvi un’idea: avete presente la scena di Toy Story in cui il bambino cattivo Sid Burns brucia la testa di Woody con una lente d’ingrandimento puntata in direzione del sole? Ecco, più o meno il funzionamento è molto simile, ovviamente con le dovute proporzioni. “Il principio è lo stesso di migliaia di anni fa – aggiunge Ulivieri -, che valeva per gli specchi ustori di Archimede o per l’accensione della fiamma olimpica ma, invece di incendiare qualcosa, lo possiamo usare per scaldare o cuocere il cibo ma, importante, senza fiamme libere! Quindi in modo più sicuro dei metodi tradizionali e senza produrre CO2 o inquinanti, oltre che completamente gratis”.
Cos’è un forno solare?
Nella storia, prima di usare questa energia per cuocere cibi, abbiamo dovuto attendere fino al XVIII secolo, quando lo scienziato svizzero Horace-Bénédict de Saussure iniziò ad approfondire l’aspetto del riscaldamento dei corpi esposti al sole. “Fu lui che nel 1767, costruì il primo forno solare conosciuto, una scatola coperta con vetri, che sfruttava esclusivamente il secondo requisito fondamentale di cui parlavo e che non dobbiamo dimenticare, cioè l’effetto serra, non per riscaldare il pianeta, ma le pietanze”, spiega Ulivieri. Sempre Ulivieri, che tra l’altro è autore del libro Come costruire un forno solare, conoscerne il funzionamento, la storia e le migliori ricette, ci racconta da cosa è composto questo particolare strumento: “È necessario che il recipiente nero, anche detto ricevitore dei raggi solari, sia chiuso, magari con un coperchio di vetro che fa entrare i raggi del Sole ma in grado di evitare la dispersione del calore così da poter far crescere la temperatura – dice -. Le pentole, ad esempio, vanno usate assolutamente con il coperchio, meglio se di vetro, mentre se si vuole fare il caffè con la moka, questa è già ermeticamente chiusa. Naturalmente non riusciremo a sfruttare tutta l’energia disponibile dei raggi del Sole, ma l’efficienza dei forni solari è comunque altissima e può superare il 60%”. L’ambiente circostante non influisce più di tanto nella cottura: “Ovviamente, per funzionare, è necessaria una giornata con cielo limpido. La temperatura esterna non è così influente come si potrebbe pensare. Ho fatto cotture migliori e più veloci in montagna sulla neve che al mare. In montagna infatti il cielo è generalmente più limpido”.