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In questi giorni sono state consegnate le prime unità e tra qualche problema di privacy (il gadget dice di non aver accesso alla posizione del proprietario, ma poi casualmente la conosce, come segnalato dallo youtuber Marques Brownlee) è spuntato un articolo di Android Authority che afferma come il team sia riuscito a ricavare un’applicazione funzionante su Android tramite file apk per gestire l’intera interfaccia del dispositivo come se fosse un launcher, includendo quasi tutte le sue varie funzioni (vedi video sotto). Nello specifico, si è montato il file apk su un Pixel 6a trasformandolo di fatto proprio in un Rabbit R1, al netto di schermate tagliate per il differente fattore di forma del display dello smartphone. Insomma, sembra proprio che tutto sia solo una normale app, quindi con i componenti di un cellulare moderno si possono riprodurre tutte le capacità del gadget tranne per esempio Vision che riconosce gli oggetti visti dalla fotocamera.
L’azienda non ha fatto tardare una risposta, per bocca dell’amministratore delegato Jesse Lyu in cui afferma che Rabbit R1 non è soltanto un’app, quel che il portale ha effettuato è solo una sorta di emulatore, ma per sfruttare al meglio e in modo sicuro tutte le funzioni è necessario che il sistema si colleghi sul cloud proprietario e ciò è possibile soltanto dal gadget stesso e con l’os personalizzato sfruttabile soltanto su R1. Una risposta più che preventivabile e molto diplomatica, che però soddisfa a metà, dato che questo esperimento ridimensiona un dispositivo uscito sul mercato ancora piuttosto acerbo (nelle varie recensioni emerge come i bug e i problemi abbondino) e posizionandosi comunque qualche passo indietro agli smartphone che dovrebbe invece sostituire.