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Questo è un grande special televisivo e ha quindi senso che sia su Netflix, è televisione pura girata e prodotta con mezzi da cinema e immagini scintillanti, in cui i grandi magnati non sono diversi dal Will Ferrell di Barbie (che tuttavia aveva una capacità superiore di criticare facendo ridere, cioè di fare satira). Personaggi da cartone animato. In più Unfrosted è pieno di parodie dei film di quest’anno (Oppenheimer è più volte ricalcato), ci sono tantissimi attori noti che compaiono in piccoli ruoli proprio come negli special televisivi, c’è un segmento con Jon Hamm che sembra un crossover con Mad Men e ci sono anche riferimenti totalmente instant come uno all’assalto a Capitol Hill. Il genere di dettagli che, visti decenni dopo, fanno sorridere per ingenuità. Ma tanto questo non è un film pensato per rimanere ma, come uno spettacolo comico, per essere fruito lì per lì. E, in quanto tale, va benissimo.
Ne esce un ritratto del capitalismo americano come un grande spettacolo che prende scene dai film e dalle serie, evitando qualsiasi asperità. Una versione da operetta della lotta per la supremazia capitalista che si alimenta dell’iconografia degli anni ‘60 americani, il periodo d’oro della storia del novecento statunitense, per comunicare salute e correttezza. Il protagonista (Seinfeld stesso) all’opera per conto di Kellogg’s, fa tutto quello che fa per un obiettivo ridicolo, potersi permettere un pratino con zolle d’erba migliori nella sua casetta a schiera, cioè lo fa per un piccolo status symbol di benessere su cui sdraiarsi. E se nessuno ci vede una critica in questo (per arrivarci mente, inganna, imbroglia, spia e truffa) è perché non c’è. A Seinfeld, di nuovo, non interessa minimamente criticare il suo committente (Kellogg’s) o il sistema in cui opera, nemmeno sottilmente, nemmeno a un secondo livello di lettura, nemmeno bonariamente. Gli interessa far ridere. Ci riesce (è ancora uno dei migliori in questo). E il risultato è un film di grande intrattenimento che si dimentica in uno schiocco di dita.