giovedì, Dicembre 26, 2024

Leggere la mente: la nuova frontiera delle big tech

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Era il 2017 quando Meta (era ancora Facebook) presentò il progetto di un dispositivo in grado di leggerci la mente. Nello specifico, si trattava di un’interfaccia cervello-computer capace di scansionare i nostri pensieri centinaia di volte al secondo, traducendoli in testo scritto. Nonostante progetto specifico sia stato abbandonato nel 2021, negli ultimi mesi Meta ha presentato nuovi sistemi che sfruttano l’intelligenza artificiale e la magnetoencefalografia per decodificare i nostri pensieri e trasformarli in testo o addirittura in immagini.

Nel settore delle cosiddette neurotecnologie e delle interfacce cervello-computer, la realtà più nota è però Neuralink: la società fondata da Elon Musk che ha da poco impiantato un chip nel cervello di un essere umano con l’obiettivo di leggere la sua attività cerebrale, permettendo anche a chi ha subito gravi paralisi di usare un computer – per esempio muovendo il mouse attraverso il pensiero – e poter così comunicare.

In poche parole, i dispositivi neurotecnologici progettati dai colossi della Silicon Valley – e tantissimi altri meno avanzati, ma già oggi in vendita – interpretano la nostra attività cerebrale e la traducono in azioni o la utilizzano per fornirci feedback di qualche tipo (per esempio, per aiutarci a migliorare la meditazione).

Finché si tratta di dispositivi medici, com’è il caso di Neuralink, questi sistemi sono sottoposti a rigide regolamentazioni. Altri strumenti meno invasivi – che non richiedono quindi di essere impiantati tramite un’operazione chirurgica – e che hanno scopi diversi da quello medico non sono invece sottoposti a normative specifiche, consentendo di raccogliere e rivendere i dati provenienti dal nostro cervello.

Sfruttano le nuove tecnologie per lavorare (e fare business) sul nostro organo più importante: dalla ricerca alla cura, dalla prevenzione agli impianti neurali

La nuova frontiera del capitalismo della sorveglianza

Stiamo davvero andando verso un futuro in cui il capitalismo della sorveglianza si spinge talmente in là da mettere in commercio i dati raccolti direttamente dal nostro cervello? I nostri stessi pensieri entreranno a far parte dei database dei vari Meta, Apple, Amazon, Neuralink e tutti gli altri attori potenzialmente interessati a questo tipo di raccolta dati?

In realtà, questo futuristico scenario si sta realizzando molto più rapidamente del previsto, sia per scopi commerciali, sia di sorveglianza. Un’inchiesta del South China Morning Post ha per esempio raccontato come i lavoratori della Hangzhou Zhongheng Electric – azienda di prodotti hi-tech situata a Hangzhou (est della Cina, non troppo distante da Shanghai) – indossino un caschetto contenente dei sensori wireless che monitora in continuazione le loro onde cerebrali, comunicando questi dati a computer che, grazie all’intelligenza artificiale, individuano picchi emotivi legati ad ansia, depressione o rabbia. Sempre la stessa testata aveva inoltre raccontato come, in alcune scuole della Cina, degli strumenti simili stessero venendo introdotti per monitorare il livello di attenzione e concentrazione degli studenti.

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