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Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu lunedì 17 giugno ha sciolto il gabinetto di guerra di Israele che aveva supervisionato il conflitto a Gaza finora, apparentemente con l’obiettivo di consolidare la sua presa sul potere, in particolare per quanto riguarda le prossime decisioni sui combattimenti nella Striscia e al confine con il Libano. Il premier ha annunciato la mossa ai ministri, dichiarando che il gabinetto di guerra era stato istituito come parte di un accordo in cui il politico israeliano Benny Gantz e il suo partito, più moderato, si erano uniti a una coalizione di emergenza lo scorso anno. Con Gantz che si è dimesso una settimana fa, Netanyahu ha riferito ai ministri che il gabinetto di guerra non è più necessario.
Ora si prevede che Netanyahu terrà consultazioni sulla guerra a Gaza con un piccolo gruppo di ministri, tra cui quello della Difesa, Yoav Gallant, e quello degli Affari strategici, Ron Dermer, che facevano parte del gabinetto di guerra. Lo scioglimento del gabinetto probabilmente non avrà un impatto significativo sul conflitto: le decisioni torneranno al gabinetto di sicurezza, ma le ramificazioni per la politica interna israeliana potrebbero essere più significative.
La mossa sembra essere uno sgarbo deliberato agli alleati di estrema destra di Netanyahu nella coalizione, incluso il ministro della sicurezza nazionale, Itamar Ben-Gvir, che aveva puntato a un seggio nel gabinetto di guerra dopo l’uscita di Gantz. Ben-Gvir si era più volte lamentato di essere stato messo da parte nelle decisioni chiave. La scelta di Netanyahu arriva anche in un momento in cui è salita la tensione tra il primo ministro e le Forze di difesa israeliane (Idf), in particolare per quanto riguarda una “pausa umanitaria” che i militari avrebbero intenzione di adottare nei combattimenti. La tregua avrebbe lo scopo di consentire l’arrivo di aiuti umanitari a Rafah e riguarderebbe la sola strada che collega l’insediamento dal varco di Israele, ma dal governo negano che sia sul tavolo.
