mercoledì, Ottobre 23, 2024

Razzismo, il Consiglio d'Europa ha denunciato il clima in Italia

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L’Italia è finita sotto la lente d’ingrandimento della Commissione europea contro il razzismo e l’intolleranza (Ecri) del Consiglio d’Europa. Nel rapporto pubblicato oggi, 22 ottobre, l’ente ha evidenziato diverse criticità nel sistema italiano, dalla gestione delle forze dell’ordine al dibattito pubblico, fino al trattamento delle minoranze. Si tratta di un richiamo particolarmente significativo, considerando che il Consiglio d’Europa – che non è un’istituzione dell’Unione europea – è l’organizzazione internazionale più antica del continente in materia di diritti umani. Nato nel 1949, ben prima della Comunità Europea, il Consiglio ha sede a Strasburgo e riunisce 46 stati membri, inclusi paesi non nell’Unione come Regno Unito e Turchia. Fu proprio questo organismo a dare vita, nel 1950, alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo.

L’Ecri, che ha redatto il rapporto, è uno degli organi specializzati più autorevoli del Consiglio d’Europa. Si occupa di monitorare le questioni relative alla discriminazione basata su “razza”, origine etnica/nazionale, colore, cittadinanza, religione, lingua, orientamento sessuale, identità di genere, xenofobia, antisemitismo e intolleranza in Europa. Le sue valutazioni, quindi, hanno un peso significativo nel panorama internazionale.

La profilazione razziale

Secondo l’Ecri, in Italia si verificano frequenti casi di “profilazione razziale” – ovvero controlli di polizia basati sull’aspetto etnico delle persone anziché su motivi oggettivi – durante le attività di sorveglianza, con particolare riferimento alla comunità rom e alle persone di origine africana. Il rapporto, che riflette la situazione fino all’11 aprile 2024, sottolinea come “le autorità non sembrano essere consapevoli della portata del problema e non hanno considerato l’esistenza della profilazione razziale come una forma di potenziale razzismo istituzionale”.

Il documento cita diverse testimonianze di controlli selettivi raccolte dalle organizzazioni della società civile e da altri organismi internazionali. Il fenomeno riguarderebbe soprattutto rom nelle periferie urbane e persone di origine africana nelle aree delle stazioni e dei mezzi pubblici, con una frequenza di verifiche e identificazioni significativamente maggiore rispetto al resto della popolazione. L’aspetto più preoccupante secondo l’Ecri è che queste pratiche deriverebbero da procedure operative standardizzate, configurando quello che viene definito “razzismo istituzionale”: non un atteggiamento necessariamente volontario, ma un sistema di prassi che produce effetti discriminatori. Per questo l’organismo chiede uno studio approfondito dell’intero sistema di procedure delle forze dell’ordine.

L’indipendenza delle istituzioni

Tra le altre criticità evidenziate dalla corte emerge la questione dell’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali (Unar), l’organo italiano preposto alla lotta contro le discriminazioni. Secondo l’Ecri, l’attuale status dell’Unar è problematico: dipendendo direttamente dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, non può garantire quell’indipendenza necessaria per svolgere efficacemente il suo ruolo. “Lo status giuridico dell’Unar e il suo ruolo significativo nella definizione delle politiche governative”, si legge nel rapporto, “sono incompatibili con il requisito di indipendenza di un organismo per le pari opportunità”. Per questo l’Ecri chiede all’Italia di compiere un passo importante: istituire una nuova authority pienamente indipendente per la lotta alle discriminazioni, costruita in consultazione con le organizzazioni della società civile. Questo nuovo organismo dovrebbe affiancare l’Unar, che verrebbe mantenuto come organo di coordinamento delle politiche governative, ma non più come unico ente preposto alla tutela contro le discriminazioni.

Le critiche ai politici di destra

Nel mirino della corte finiscono anche alcuni politici italiano di alto livello. Il rapporto cita esplicitamente una dichiarazione dell’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini che nel 2018 affermò: “Ma i Rom italiani purtroppo dobbiamo tenerceli a casa”. Un caso emblematico della “banalizzazione dei commenti d’odio nella vita pubblica che secondo l’Ecri ha generato un senso di “emarginazione ed esclusione in vari segmenti della popolazione”. Il documento dedica un passaggio specifico anche al generale Roberto Vannacci della Lega, citando le sue affermazioni sui gay (“non sono normali”) e sugli italiani di colore, con riferimento alla pallavolista Paola Egonu (“è italiana di cittadinanza, ma è chiaro che i suoi tratti somatici non rappresentano l’italianità”).

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