sabato, Febbraio 22, 2025

Gestazione per altri, il reato universale è l'ennesima violenza contro i diritti riproduttivi in Italia

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Non dovrebbe essere necessario mettere in mezzo la propria storia personale quando si parla di diritti. Non dovrebbe essere necessario circostanziare, precisare le motivazioni né tanto meno impietosire. Ma visto che in questo Paese molte cose si comprendono solo “per empatia” o per narrazione allora sì, comincerò raccontando che io e mio marito siamo una coppia infertile. Ho quindi una ragione in più per affermare che la modifica dell’articolo 12 della legge 40 del 2004 che rende la gestazione per altri “reato universale sia una violazione dei diritti riproduttivi dei cittadini italiani, in particolare di coloro che non possono avere figli.

So infatti cosa vuol dire desiderare di diventare genitore ma non avere pancia né seme per farlo. Cosa significhi sentirsi amputati del progetto familiare che si era condiviso con il proprio o la propria partner. E so cosa significhi essere tagliati fuori dalla genitorialità biologica per motivi di salute o, nel caso di diverse coppie di amici, per “motivi di tumore” che porta via tutto quello che serve per accogliere un figlio in grembo. Nel 2006, quando con mio marito scoprimmo di non riuscire naturalmente ad avere figli, la legge 40 era stata approvata da appena 2 anni dalla maggioranza del governo Fini- Berlusconi.

Col pretesto di regolamentare la procreazione medicalmente assistita (Pma), la legge vietava in primis la fecondazione eterologa (con gameti cioè di donatori esterni alla coppia) e per l’omologa obbligava a un “unico e contemporaneo impianto” (articolo 14) di tutti gli embrioni fecondati fino a un massimo di 3. Una pratica rischiosissima per la salute della donna e dei piccoli, tanto che molti ginecologi comunicavano: “fate attenzione, la fecondazione di 3 embrioni non è una bella notizia per nessuno”.

Non a caso nel 2005 il 2,7% dei parti risultanti dalla Pma furono trigemini (dati Registro Nazionale Pma). E quando nel 2009 la Corte Costituzionale dichiarò incostituzionale questo aspetto dell’articolo 14 “per gli alti rischi per la salute delle donne e dei bambini nati da Pma” la percentuale di trigemini scese all’1,9%. La Consulta intervenne nuovamente per “bacchettare” la legge anche nel 2014 (Corte costituzionale – sentenza 162/2014), dichiarando anticostituzionale il divieto alla fecondazione eterologa poiché questo non garantiva “alle coppie colpite da sterilità o infertilità assoluta ed irreversibile il diritto fondamentale alla piena realizzazione della vita privata familiare e di autodeterminazione”.

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