lunedì, Ottobre 28, 2024

Navi a vela, perché stanno tornando

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Altre aziende hanno adottato design differenti. La francese Michelin, famosa per gli pneumatici, sta testando ad esempio delle vele gonfiabili, pieghevoli e automatiche – chiamate Wisamo – adatte a tutti i tipi di mercantili e che garantirebbero di risparmiare fino al 20% del carburante. È presto, tuttavia, per dire se le vele si affermeranno: bisognerà prima certificarne il funzionamento, la sicurezza e la convenienza economica.

Oltre alle vele, ci sono i rotori. Sono alti cilindri rotanti che, colpiti dal vento, sfruttano la differenza di pressione creata dai flussi d’aria per far muovere l’imbarcazione. Non è una tecnologia nuova – la inventò Anton Flettner negli anni Venti del Novecento –, ma il processo di decarbonizzazione ha permesso di riscoprirla e migliorarla. Una delle aziende che se ne sta occupando è Norsepower, finlandese, i cui rotori consentono di ridurre il consumo di carburante del 5-25%, a seconda delle condizioni del vento e della tipologia di nave. Ciascuno dei cilindri ha però un costo di 1 milione di euro: a detta della società, l’investimento iniziale si ripaga nel giro di tre-dieci anni.

Rallentare le navi

L’idea alla base della propulsione eolica è insomma quella di abbassare le emissioni delle navi attraverso la riduzione dei consumi di carburante. Lo stesso risultato si potrebbe raggiungere con un metodo teoricamente più semplice: diminuendo la velocità di navigazione. Il difficile sta nell’applicare questo concetto nella pratica. Il trasporto marittimo – e più in generale la logistica – è infatti un settore basato sulla rapidità e sulla puntualità delle consegne: i ritardi nelle spedizioni di materie prime, componenti e prodotti finiti possono avere degli impatti anche molto pesanti sulla produzione industriale e sui mercati, “inceppando” le filiere.

Per poter rallentare le navi, dunque, bisognerebbe prima ripensare tutta l’organizzazione delle catene di approvvigionamento globali, che oggi premiano la velocità e la compressione estrema del tempo che passa tra la ricezione della merce e il momento in cui questa lascia il magazzino per dirigersi verso il cliente. Per le compagnie di navigazione, poi, il risparmio di carburante potrebbe venire annullato dall’aumento dei costi operativi – più giorni in mare significano più spese per l’equipaggio e per la manutenzione – che rischiano di essere scaricati sui consumatori finali.

La sfida della transizione ecologica del trasporto marittimo sta tutta qui: nel rendere conveniente la sostenibilità ed evitare che la riduzione dell’impronta carbonica causi un aumento di costi e prezzi.

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