Questo articolo è stato pubblicato da questo sito
L’estate che precede il college può sembrare una stagione sospesa e incerta, un ponte delicato tra due epoche, e proprio qui all’inizio del film My Old Ass si trova Elliott (Maisy Stella), una ragazza di Muskoka, in Ontario, che sta per compiere diciotto anni. Elliott ha due amiche inseparabili e non vede l’ora di trasferirsi a Toronto. Durante un trip di funghi allucinogeni, in occasione del suo diciottesimo compleanno, si ritrova faccia a faccia con la sua versione futura di 39 anni, una splendida e cinica Elliot, interpretata da Aubrey Plaza. Questa versione adulta di Elliott sembra entusiasta di incontrare la sua sé più giovane e non manca di distillarle piccoli consigli a cuore aperto, tra cui un avvertimento: stare alla larga da un certo Chad che, a quanto pare, comparirà nella sua vita a breve.
Puntualmente, Chad (Percy Hynes White) fa la sua comparsa: è uno studente universitario dall’aria gentile e affabile, assunto come lavoratore estivo nella tenuta di famiglia di Elliott. Quest’ultima si convince di volerlo evitare, anche se i suoi gesti la portano istintivamente nella direzione opposta. Nonostante tutto, Elliott si ritrova a nutrire un interesse per lui. Questa attrazione la scombussola per diversi motivi: non solo va contro le parole e gli accorgimenti della sua versione adulta, ma mette anche in discussione il modo in cui aveva sempre percepito la propria identità di donna queer.
Tra dramedy e coming-of-age
My Old Ass, prodotto da Margot Robbie e disponibile su Prime Video, è un meraviglioso e intenso viaggio nel tempo. Il film, scritto e diretta da Megan Park, agisce come una strana macchina temporale che racchiude nello stesso spazio passato, futuro e presente. Un po’ dramedy, un po’ coming-of-age, My Old Ass è anche un viaggio interiore e come tale non esiste se non si muove anche il corpo. La protagonista è errante in una adolescenza in cui non sa mettere ancora bene a fuoco curve e spigoli, dà per scontato la sua famiglia, trascorre molto tempo con fidanzate e amici e non vede l’ora di fuggire via da quel posto. L’opera di Megan Park è sorprendente perché sa dosare bene commedia e dramma, rispettando canoni e archetipi dell’una e dell’altro. Quel che si può osservare, rispettando la prospettiva della regista, è che l’adolescenza è uno spazio-tempo con cui dobbiamo sempre fare i conti, un tempo sospeso dov’è possibile sognare qualcosa di diverso e uno spazio in cui poterlo diventare.
La domanda che ci suggerisce, neppure tanto velatamente, questo film è: se mai dovessi incontrare la versione più matura di te stessa ne accetteresti i consigli? Lasceresti che quella persona modelli le tue decisioni in virtù di conseguenze meno amare, spesso dolorose? My Old Ass non dà risposte certe, ci lascia però in un vortice di suggestioni e sensazioni, un turbine che ci spinge a riflettere sulla natura stessa del cambiamento. La trentanovenne, con il suo sguardo più disincantato, è una guida misteriosa che porta con sé la saggezza dei suoi anni e i segni delle scelte fatte e delle occasioni perdute. Elliott più matura, dalla sua visione di adolescente, è uno strano mostro che abita la sua coscienza, crede di vederla solo lei ma in realtà esiste, è in carne e ossa e può interagire con il suo mondo.
My Old Ass è un meraviglioso e intenso viaggio nel tempo
Megan Park forgia una narrazione abitata da inflessioni tipiche della fantascienza, con qualche vago scenario distopico disseminato durante la storia, ma non ne fa un elemento cardine del dramma anzi, l’inquietudine di abitare un tempo diverso, presumibilmente plumbeo e decisamente più cupo del suo passato, viene percepita da alcune espressioni della Elliot più matura, come quando parla del salmone e di come le manchi mangiarlo, e moltissime altre cose che le suggerisce di non perdersi perché in futuro, presumibilmente, non torneranno. Quel che non torna, oltre le persone, è sicuramente il tempo dell’adolescenza, un tempo fluttuante e seminale, un tempo magico in cui si può essere tutto, si può discutere tutto, anche la propria identità. È un’età fondamentale per quello che è capace di agire, dove si forma molto di ciò che ci riguarda, è l’attraversamento di una soglia essendo noi stesse quella soglia, è qualcosa che somiglia a una rivoluzione, una terra di confine e di mezzo, un luogo da cui è impossibile fuggire, anche da adulti, e con cui si dialoga sempre. Con o senza funghi magici.