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A ogni nuovo film di Clint Eastwood, da almeno 15 anni a questa parte, si dice “Se questo fosse il suo ultimo film…” e lui intanto continua a farne altri a 94 anni. L’ultimo, Cry Macho, era sembrato molto fuori forma, comprensibilmente confuso e spuntato vista anche l’età. Giurato n.2 invece è a sorpresa un grande film, diretto con una mano ferma da ragazzino, e “se fosse il suo ultimo film” sarebbe davvero l’epigrafe perfetta di un’intera carriera da regista. In Giurato n.2 è infatti esposto anche più chiaramente che nei film precedenti quello che ha reso e rende impossibile non amare Clint Eastwood: la capacità di mettere sullo schermo un ragionamento nella forma di una storia, unita a un’onestà intellettuale invidiabile.
Questa volta la trama sembra venire da un film iraniano di quelli dalla sceneggiatura implacabile che stringe i protagonisti in intrecci dal dilemma morale complicatissimo. C’è un ragazzo, un brav’uomo, che viene chiamato a fare il suo dovere di giurato in un processo per omicidio. L’imputato è stato visto litigare con la sua fidanzata che, dopo aver lasciato il locale in cui stavano con rabbia in una notte di pioggia, è stata trovata morta, buttata giù da un ponte. L’accusa dice che è stato lui, ex spacciatore di droga, pessimo cittadino, uomo odiato. Ascoltando la prima ricostruzione dei fatti però il protagonista si accorge di conoscere quegli eventi: c’era infatti anche lui quella sera in quel locale e soprattutto c’era anche lui poi sul ponte poco dopo e forse quel colpo che ha preso con la macchina in quella notte in cui non si vedeva niente per la pioggia, non era un cervo come aveva pensato. Lì, in quel momento, realizza di essere stato lui ad aver colpito e fatto volare giù la vittima.