venerdì, Dicembre 27, 2024

Bove, l'esperto spiega perché spostare la lingua in caso di malore può essere pericoloso

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Nel tardo pomeriggio di domenica primo dicembre, intorno al 17esimo minuto della partita del campionato maschile di Serie A di calcio tra Fiorentina e Inter, il calciatore della Fiorentina Edoardo Bove ha avuto un malore, perdendo i sensi. Dopo essere stato soccorso in campo, è stato trasportato in ambulanza all’ospedale Careggi di Firenze. La partita è stata prima sospesa e poi rinviata definitivamente.

Bove è stato ricoverato in sedazione farmacologica nel reparto di terapia intensiva. Nel pomeriggio di lunedì, un comunicato della Fiorentina ha riferito che “dopo aver passato una nottata tranquilla, è stato risvegliato ed estubato”, che al momento è “sveglio, vigile ed orientato e che nei prossimi giorni verranno effettuati altri esami per individuare la causa del problema.

I soccorsi a Bove e l’intervento di Cataldi

L’incidente a Bove è avvenuto è avvenuto in un momento il cui gioco era fermo. Dopo essersi chinato per allacciarsi le scarpe, il centrocampista 22enne si è rialzato brevemente, accasciandosi sul terreno dopo pochi passi. Nel giro di qualche istante, è stato soccorso in campo dal personale sanitario presente allo stadio Franchi, su sollecitazione degli altri calciatori che si sono immediatamente resi conto della situazione e lo hanno schermato formando un cerchio intorno a lui. Bove è stato poi trasportato in barella fino all’ambulanza a bordo campo e quindi trasferito in ospedale.

Come si è visto anche dalle immagine trasmesse in diretta tv, una delle prime persone a soccorrere Bove è stato un altro calciatore della Fiorentina, Danilo Cataldi, che ha infilato le mani nella bocca del compagno per spostargli la lingua ed evitare che questa ostruisse le vie aree. Per le circostanze e il contesto, il gesto di Cataldi ha richiamato quello compiuto il 12 giugno 2021 agli Europei in occasione di Danimarca-Finlandia da Simon Kjaer, quando il compagno di squadra Christian Eriksen è stato colpito da un arresto cardiaco perdendo coscienza.

Procedura sbagliata

Come già successo tre anni fa, l’intervento di Cataldi è stato molto ripreso ed elogiato dai media, che in alcuni casi lo hanno definito “salvavita”. Ma per quanto benintenzionata e dettata con ogni probabilità anche dalla concitazione del momento, la manovra è considerata dagli esperti scorretta e potenzialmente pericolosa.

È il più grande falso mito del primo soccorso”, spiega Mirko Damasco, presidente di Salvagente Italia, un’associazione di promozione sociale che tra le altre attività organizza corsi di primo soccorso in diverse zone d’Italia –. Non si va a tirar fuori lingua, perché è una manovra inutile. Perdo tempo che potrei impiegare a fare altro e se quella persona ha per esempio una crisi epilettica o un trisma (quindi contrae i muscoli mandibolari), mi faccio male“.

Come agire nelle emergenze

Cosa fare quindi se ci si trova di fronte a una persona che perde conoscenza all’improvviso? Dopo aver contattato il numero delle emergenze, il 112, “ci si avvicina, la si chiama e la si scuote; se non mi risponde, la giro a pancia in su [se non lo è già, ndr] e guardo se respira. – continua Damasco –. Se non respira, inizio a fare la rianimazione cardiopolmonare”.

Il concetto è ribadito a Wired anche da Fabio Sangalli, direttore di anestesia e rianimazione presso l’Asst Valtellina e Alto Lario. La lingua è un muscolo, e in caso di assenza di coscienza può effettivamente perdere di tono e ostacolare il passaggio dell’aria. La procedura corretta in questi casi tuttavia, sottolinea Sangalli, è portare delicatamente all’indietro la testa della persona che ha subito il malore, tenendola in estensione, e non tentare di spostare la lingua con le mani.

Per Damasco, il caso di Bove è un’ulteriore dimostrazione della mancanza di una cultura diffusa del primo soccorso in Italia, e della necessità di una maggiore conoscenza dei protocolli da mettere in atto in caso di emergenza medica, non solo tra i calciatori. Queste manovre devono conoscerle tutti. Perché in famiglia queste cose possono capitare, commenta il presidente di Salvagente Italia. E anche per sapere distinguere le procedure che sono davvero “salvavita” da quelle che vengono erroneamente spacciate come tali.

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