Questo articolo è stato pubblicato da questo sito
Nella loro lettera, Warren e Nadler sostengono che la società abbia sfruttato il suo diritto esclusivo di offrire i molto richiesti indirizzi .com a pagamento per incrementare le sue entrate e far salire il prezzo delle sue azioni, il tutto a spese di clienti per i quali non esiste un’alternativa valida.
I due membri del Congresso scrivono che gli accordi stretti da VeriSign con l’Ntia e l’Icann (Internet Corporation for Assigned Names and Numbers, una società senza scopo di lucro istituita dal dipartimento del Commercio per controllare il sistema dei nomi di dominio del web) hanno permesso all’azienda di creare un monopolio. La prima intese stabilisce quanto VeriSign può far pagare ai suoi clienti per la registrazione di indirizzi .com, mentre la seconda assegna a VeriSign il ruolo di “operatore unico“ dei .com. L
Il presunto monopolio delle .com
La decisione dell’Ntia di revocare il tetto ai prezzi di VeriSign, arrivata nel 2018, ha avvantaggiato anche l’Icann, che nel suo ruolo di supervisore può respingere gli aumenti di prezzo proposti dai servizi di registrazione dei domini. L’accordo con VeriSign del 2020 ha fruttato all’ente 20 milioni di dollari per un periodo di cinque anni. Pertanto, Warren e Nadler sostengono che “Verisign e l’Icann potrebbero avere in atto un accordo di tipo collusivo“.
A giugno, una coalizione di gruppi di attivisti ha scritto al dipartimento di Giustizia e all’Ntia per avanzare ipotesi simili. “L’Icann e VeriSign funzionano di fatto come un cartello, e l’Ntia dovrebbe smettere di autorizzare il ‘triangolo legale incestuoso’ che funge da scudo contro l’indagine antitrust sulla loro peraltro probabile relazione collusiva illegale“, sostiene la coalizione. Il gruppo ha esortato il governo a “fermare questo ciclo di sfruttamento” rifiutandosi di rinnovare il sodalizio tra Ntia e VeriSign. Né l’Icann né l’Ntia hanno risposto alle richieste di commento per questo articolo.
L’Ntia ha indicato che rinnoverà il suo accordo con VeriSign, i cui termini saranno però rivisti il 30 novembre, prima dell’inizio del secondo mandato di Donald Trump, lasciando all’amministrazione uscente l’opportunità di mettere in atto regole sui prezzi che rimarranno in vigore per un periodo di sei anni.
In una lettera di agosto, l’Ntia ha comunicato a VeriSign di “avere quesiti relativi ai prezzi” dell’azienda e di voler “discutere possibili soluzioni“. VeriSign ha dichiarato di aver accolto con favore “l’opportunità di avere questa importante discussione“. Ma Warren e Nadler ora stanno facendo pubblicamente pressioni sull’Ntia affinché si assicuri che l’azienda non imponga prezzi troppo alti, insistendo affinché il dipartimento di Giustizia esamini anche le potenziali violazioni delle norme antitrust.
“Verisign ha spremuto i clienti per arricchire i suoi investitori, senza fare nulla per migliorare il servizio– affermano la senatrice e il deputato –. “L’Ntia e il dipartimento di Giustizia dovrebbero intervenire per garantire che nei prossimi sei anni ai consumatori di VeriSign vengano applicati prezzi equi per la registrazione di domini .com“.
Questo articolo è comparso originariamente su Wired US.