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Un’analisi condotta da Wired US sull’attività alla base del sito web di DeepSeek mostra che l’azienda sembra inviare dati sia al gigante tecnologico cinese Baidu, potenzialmente per scopi di analisi web, sia a Volces, una società cinese di infrastrutture internet.
L’ultima categoria di informazioni che DeepSeek si riserva di raccogliere sono i dati provenienti da altre fonti. Se create un account DeepSeek utilizzando il sign-on di Google o Apple, per esempio, l’azienda riceverà alcune informazioni anche dai due colossi. Anche gli inserzionisti condividono informazioni con DeepSeek, che possono includere “identificatori mobili per la pubblicità, indirizzi email e numeri di telefono crittografati e identificatori di cookie“.
Come DeepSeek utilizza le vostre informazioni
La base internazionale di utenti di DeepSeek può far affluire enormi volumi di dati in Cina, che poi però sta all’azienda decidere come utilizzare. Nella sua informativa sulla privacy, la startup afferma che da molti punti di vista utilizzerà in modo tipico, per esempio per il mantenimento del servizio, l’applicazione dei termini e delle condizioni e l’introduzione di miglioramenti.
Ma la nota suggerisce anche che potrebbe sfruttare i prompt degli utenti per sviluppare nuovi modelli. DeepSeek “analizzerà, migliorerà e svilupperà il servizio, anche monitorando le interazioni e l’uso dei dispositivi, analizzando come le persone lo utilizzano e formando e migliorando la nostra tecnologia“, si legge nelle condizioni d’uso.
DeepSeek dichiara anche che le informazioni raccolte serviranno ad “adempiere ai suoi obblighi legali”(una clausola vaga che molte aziende includono nelle loro politiche), che possono essere consultate dal suo “gruppo aziendale” e che verranno condivise con le forze dell’ordine, le autorità pubbliche e altre entità quando sarà richiesto.
Sebbene tutte le aziende abbiano obblighi legali, su quelle che hanno sede in Cina ricadono notevoli responsabilità. Negli ultimi dieci anni, il paese ha approvato una serie di leggi sulla cybersicurezza e sulla privacy per consentire alle autorità statali di richiedere dati alle aziende tecnologiche. Una norma del 2017, per esempio, prevede che le organizzazioni e i cittadini debbano “cooperare con gli sforzi dell’intelligence nazionale“.
Sono proprio queste leggi, insieme alle crescenti tensioni commerciali tra Stati Uniti e Cina e ad altri fattori geopolitici, ad aver alimentato i timori per la sicurezza di TikTok. I sostenitori del ban al social sostengono che l’applicazione potrebbe raccogliere enormi quantità di dati per inviarli in Cina ed essere utilizzata per promuovere la propaganda cinese (nel frattempo, diversi utenti di DeepSeek hanno già fatto notare che la piattaforma non rispondee alle domande sul massacro di Piazza Tienanmen del 1989 e che alcuni dei suoi risultati sembrano propagandistici).
Willemsen sostiene che, rispetto agli utenti di un social come TikTok, le persone che chattano con un sistema di intelligenza artificiale generativa sono più attivamente. L’influenza a cui sono sottoposti quindi potrebbe essere maggiore, “soprattutto se si considera che il funzionamento interno del modello è largamente sconosciuto“, osserva Olejnik.
Il docente ipotizza che i legislatori in diverse parti del mondo potrebbero perseguire misure simili al TikTok ban nei confronti delle realtà nel settore dell’intelligenza artificiale. “Non possiamo escludere che il 2025 porterà un’espansione delle azioni dirette contro le aziende di AI – afferma –. Naturalmente, la raccolta dei dati potrebbe essere ancora una volta indicata come il motivo“. Proprio su questo fronte, anche in Italia c’è già chi paventa una possibile non conformità di DeepSeek al Gdpr, il regolamento dell’Unione europea sulla privacy, mentre iniziano a circolare voci su un imminente intervento da parte del Garante del privacy, sulla scorta di quanto già fatto contro OpenAI.
Questo articolo è apparso originariamente su Wired US.