mercoledì, Febbraio 5, 2025

È morto Salvatore Iaconesi, l'artista che ha reso il suo cancro open source

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A undici anni dalla scoperta del tumore al cervello che avrebbe tentato di craccare rendendolo un’opera di condivisione collettiva, Salvatore Iaconesi è morto in Calabria. Interaction designer, artista, ingegnere robotico e hacker, Iaconesi nel 2012 ha creato La Cura, un progetto online in cui ha reso pubblici i dati più sensibili e intimi, quelli sul suo cancro, per dare vita a un modo nuovo di affrontare la malattia. Non una sorta di telemedicina (benché la speranza fosse anche quella di ricevere un consulto risolutivo), ma una chiamata alle armi per rende il tumore arte, poesia, video, mappa. 

La notizia della morte di Iaconesi è arrivata sui social da Oriana Persico, sua compagna di vita, di arte e di lotta alla malattia. “Nei giorni scorsi il nostro cancro ha preso una improvvisa rincorsa: lo stimolo neurologico di respirare è stato intaccato, come ha puntualizzato il medico in una visita discreta e rispettosa, e dolcemente si è fermato”, ha scritto ricordando il marito, nato a Livorno nel 1973. “Ciò che so è che Salvatore non ha sofferto, accogliendo la fine del suo corpo come una ricerca e una scoperta, con accettazione piena, senza paura e senza uno spasmo”

Ma la malattia, per Iaconesi, non è mai stata una questione strettamente personale. Poco dopo la diagnosi del tumore, come racconta lui stesso, decide di craccare i file della sua cartella clinica digitale per mandarli a diversi esperti e ottenere nuovi pareri. Ma non si ferma all’invio di qualche mail: carica tutta la documentazione online e intorno crea un progetto open source: La Cura, appunto. Che cresce e vive di vita propria, fino a diventare un libro pubblicato nel 2016 da Codice Edizioni

Intanto prosegue anche la lotta contro il tumore, con l’operazione, le terapie, le regressioni e le improvvise ripartenze. L’ultima a maggio, come racconta Oriana Persico su Facebook. Ma Iaconesi non si lascia fermare: ospite e amico di Wired Next Fest (l’ultima chiacchierata con lui su queste pagine è dello scorso marzo), si impone come una delle voci più influenti della New Media Art in Italia, un modo nuovo di fare arte fondendola con la tecnologia. Un esempio tra tanti? La sua scultura luminosa che si nutre di dati e che si spegnerà solo quando la povertà del mondo sarà azzerata. 

Crea il progetto Art Is Open Source ed HER She Loves Data, un centro di ricerca di nuova generazione che usa dati e calcolo (algoritmi complessi, intelligenza artificiale, reti, ecosistemi…) per costruire processi di accelerazione culturale attraverso arti e design. La sfida è usare i dati non come materiale da cui le grandi aziende estraggono preziose informazioni commerciali, ma come modelli generativi per i cittadini per produrre nuove opere e nuovi processi all’interno del quotidiano. 

“Salvatore non ha mai creduto nei supereroi, ma nel codice aperto, scrive Oriana Persico ricordando Iaconesi. “Ciò che so è che Salvatore non è una perdita personale. Il mondo e gli ecosistemi che abbiamo toccato – persone, studenti, istituzioni – perdono il privilegio di una immaginazione irriverente, trasgressiva e visionaria capace di trasformare i dati e la computazione in spazi di vita e di espressione: nuovi e imprevisti gradi di libertà dei nostri corpi e dei nostri sistemi di cui godere”.

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